Il parco dei Mostri di Bomarzo fu ideato dall'architetto Pirro Ligorio uno dei più grandi architetti della seconda metà del 1500 italiano ... e forse oggi un po' troppo poco ricordato.
Pirro Ligorio per il Cardinale Ippolito II d'Este realizzò Villa d'Este a Tivoli.
Su commissione del Principe Pier Francesco Orsini realizzò il Parco dei Mostri di Bomarzo.
E per finire, una più che onorata carriera, completò San Pietro dopo la morte di Michelangelo!
« A Bomarzo la finzione scenica è travolgente; l'osservatore non può contemplare perché vi è immerso, in un ingranaggio di sensazioni (…), capace di confondere le idee, di sopraffare emotivamente, di coinvolgere in un mondo onirico, assurdo, ludico ed edonistico (…) »
(Bruno Zevi, Barocco Illuminismo, Roma, 1995)
Il Parco dei Mostri, denominato anche Sacro Bosco o Villa delle Meraviglie di Bomarzo, in provincia di Viterbo, è un complesso monumentale italiano. Si tratta di un parco naturale ornato da numerose sculture in basalto risalenti al XVI secolo e ritraenti animali mitologici, divinità e mostri.
Punta Licosa
Licosa è una frazione del comune di Castellabate in provincia di Salerno, costituita da un promontorio denominato Enipeo da Licofrone o Posidio da Strabone che ospita un vasto parco forestale di macchia mediterranea.
La frazione di Punta Licosa con i suoi 72 abitanti è suddivisa in tre zone:
Licosa I (la località centrale dal promontorio di Licosa fino alla Punta di Licosa che conta 28 abitanti);
Licosa II (la località pianeggiante di Licosa verso Ogliastro Marina che conta 37 abitanti);
Licosa III (la località nei pressi del Vallone Alto di Licosa verso il porto di San Marco che conta 17 abitanti).
La località si trova sulla costa tirrenica a nord del Cilento, il suo territorio è totalmente all'interno del parco nazionale del Cilento, Vallo di Diano e Alburni.
Si trova nella parte meridionale del comune di Castellabate, fra le frazioni di San Marco e Ogliastro Marina. Da Castellabate dista circa dieci chilometri, 8 da Santa Maria, 10 da Agnone Cilento, 16 da Acciaroli, 20 da Agropoli e circa 70 da Salerno.
L'area forestale, composta da macchia mediterranea che arriva fino al mare - tutelato dall'istituzione dell'area marina protetta Santa Maria di Castellabate -, ospita al centro la frazione, un piccolo borgo di alcune decine di abitanti posto alle pendici del Monte Licosa (326 m s.l.m.).
La sua estremità, in corrispondenza della quale si colloca l'isoletta omonima con il faro, chiude a sud il golfo di Salerno, e rappresenta un punto importante per la navigazione fin dai tempi antichi. L'Isola ospita l'habitat naturale di un particolare tipo di lucertola endemica dalla livrea verde e azzurra, la Podarcis sicula klemmeri. https://it.wikipedia.org
La Riserva Naturale Regionale dei Calanchi di Atri, Sito di Interesse Comunitario (Site of Community Importance) e Oasi WWF, si estende per 380 ettari, con un dislivello che va dai 106 metri del fondovalle del torrente Piomba ai 468 m. del Colle della Giustizia, e custodisce i celeberrimi "calanchi di Atri", maestose architetture naturali note anche come "bolge dantesche" o "scrimoni".
Queste straordinarie formazioni geologiche, che tutta l'Italia ha potuto ammirare nella trasmissione televisiva Linea Verde del 6 Febbraio 2011, sono originate dall’erosione del terreno argilloso provocata dalle passate deforestazioni e favorita dai continui disseccamenti e dilavamenti, che rendono visibili numerosi fossili marini.
Pur essendo un fenomeno piuttosto ricorrente nel paesaggio adriatico, solo nel territorio atriano i calanchi raggiungono, oltre ad una notevole estensione, la massima spettacolarità.
L'interno dell'area protetta è caratterizzato da un ambiente molto vario, che rapisce lo sguardo del visitatore: brulle rupi calanchive, fossi, laghetti, macchie boschive, campi coltivati e rimboschimenti si alternano in continuazione, formando una tavolozza di colori strabilianti.
A dare ulteriore fascino ai luoghi contribuisce anche il mistero che avvolge la "Pietra di S. Paolo", il taumaturgico monolite custodito all'interno di una piccola cappella che la leggenda vuole sia la pietra sulla quale fu decapitato Paolo di Tarso nel 67 d.C.
La Riserva, che può essere visitata liberamente percorrendo i sentieri segnalati, che partono dal Colle della Giustizia, dove è presente il Centro Visite, dispone di una panoramica cicloippovia per la gioia degli amanti del trekking, dell'endurance e della mountain bike.
Durante l’estate viene organizzato un ricco programma escursionistico, che culmina con suggestive passeggiate notturne nel periodo di luna piena ("La Luna e i calanchi").http://www.viaggioinabruzzo.it/
LAZIO
L'Agro Pontino è un'area della regione italiana del Lazio facente parte della pianura pontina.
L'etimologia del termine pontino è una questione molto dibattuta. Probabilmente deriva dall'antica città prima volsca di Suessa Pometia, citata da alcuni storici romani e sottomessa da Tarquinio il Superbo, da cui forse l'espressione Pometinum riferito al luogo; oppure entrambi derivano dal sostantivo Pontus, Pontos, Πόντος in greco che significa mare o distesa d'acqua (vedi anche Ponza e Ponto).
Le paludi pontine in età remota erano ricoperte da una estesa laguna che in seguito venne prosciugata, lasciando la fertile terra. I primi tentativi di bonifica storicamente accertati risalgono ai latini e sono testimoniati dal rinvenimento di un esteso sistema di drenaggio con cunicoli sotterranei, dotati di pozzi per bonificare il territorio pontino settentrionale.
Una leggenda vuole che la palude fosse opera della dea Giunone che volle punire così la ninfa Feronia che qui viveva e che era una delle tante amanti di Giove.
I Latini fondarono nella pianura diverse città, di cui la tradizione ha riportato i nomi di Suessa Pometiae Satricum (ai confini dell'Agro; nei pressi dell'attuale località Le Ferriere, fra Nettuno e Latina), Ulubrae (Ninfa) e Tiberia (fra i comuni di Cisterna, Cori, Sermoneta).
In età imperiale, i Romani riuscirono a strappare alla palude ulteriori terreni e permisero la nascita di alcuni centri lungo la Via Appia Antica che attraversa l'area.
L'etimologia del termine pontino è una questione molto dibattuta. Probabilmente deriva dall'antica città prima volsca di Suessa Pometia, citata da alcuni storici romani e sottomessa da Tarquinio il Superbo, da cui forse l'espressione Pometinum riferito al luogo; oppure entrambi derivano dal sostantivo Pontus, Pontos, Πόντος in greco che significa mare o distesa d'acqua (vedi anche Ponza e Ponto).
Le paludi pontine in età remota erano ricoperte da una estesa laguna che in seguito venne prosciugata, lasciando la fertile terra. I primi tentativi di bonifica storicamente accertati risalgono ai latini e sono testimoniati dal rinvenimento di un esteso sistema di drenaggio con cunicoli sotterranei, dotati di pozzi per bonificare il territorio pontino settentrionale.
Una leggenda vuole che la palude fosse opera della dea Giunone che volle punire così la ninfa Feronia che qui viveva e che era una delle tante amanti di Giove.
I Latini fondarono nella pianura diverse città, di cui la tradizione ha riportato i nomi di Suessa Pometiae Satricum (ai confini dell'Agro; nei pressi dell'attuale località Le Ferriere, fra Nettuno e Latina), Ulubrae (Ninfa) e Tiberia (fra i comuni di Cisterna, Cori, Sermoneta).
In età imperiale, i Romani riuscirono a strappare alla palude ulteriori terreni e permisero la nascita di alcuni centri lungo la Via Appia Antica che attraversa l'area.
I più celebri tra questi centri furono Tres Tabernae, Tripontium e Forum Appii, citati negli Atti degli Apostoli. In queste tre città infatti, l'apostolo Paolo si ristorò e fu accolto dalla locale comunità cristiana: la presenza di questa comunità è un segno che le città avevano raggiunto un numero notevole di abitanti.
« Di là i fratelli, che avevano seguito delle nostre peripezie, ci vennero incontro fino al Foro Appio e alle Tre Taverne »
((Atti 28,15)) https://it.wikipedia.org
((Atti 28,15)) https://it.wikipedia.org