lunedì 9 agosto 2021

#NarrazioniOlimpiche Tokyo 2020, #Storie: Luigi Busà, Il “Gorilla” è d'oro

Il “Gorilla” è d'oro! Al Nippon Budokan, tempio delle arti marziali, Luigi Busà regala all’Italia il primo oro olimpico nel karate kumite – 75 kg. Dopo il bronzo nel kata vinto da Viviana Bottaro, l’Italia Team conquista così un’altra storica medaglia anche nella specialità del karate che è entrato nel programma olimpico a Tokyo 2020. L’azzurro ha vinto in finale 1-0 sull'azero Rafael Aghayev
«È stata una figata pazzesca, sono felicissimo non solo per me, ma per tutto lo staff», le prime parole di un incontenibile Busà. «Davvero, mi sembra di non capire più niente, è stato un percorso incredibile. Sono contento per tutto il karate italiano. È bellissimo vincere qui alle Olimpiadi ed è un risultato che arriva alla fine di un anno difficilissimo, un giorno ve lo racconterò». E dopo la sofferenza, l'urlo, liberatorio: «Mamma ce l'ho fatta!». Una gioia, che poi, passato qualche minuto, lascia spazio alla consapevolezza di aver fatto qualcosa di grande: «Sono quasi trentaquattro anni che aspetto questa notte, infatti non devo dormire. Si è fatta attendere, ma è bellissima. Sognavo da sempre di portare Avola in festa», continua Busà.
«All'inizio stavo bene, ma nel primo incontro non mi ero espresso benissimo, poi mi sono ripreso. La semifinale è stata grandiosa, la finale poi, è stata qualcosa di magico. Se è un sogno lasciatemi sognare». Il successo più bello, quello di Tokyo, per il karateka italiano rappresenta il compendio degli enormi sacrifici fatti. Perché per il campione di Avola che oltre al titolo olimpico può contare su un palmarès straordinario con due ori mondiali (Tampere 2006 e Parigi 2012), tre argenti (Belgrado 2010, Brema 2014 e Madrid 2018), un bronzo (Linz 2016) e quindici medaglie europee (cinque ori, due argenti ed otto bronzi) 
il viaggio è partito da molto lontano. : «È cominciato tutto come un gioco, all'inizio ero un ragazzo obeso, chi poteva pensare alle Olimpiadi? Ero molto ciccione, mi piaceva mangiare, a 13 anni pesavo 94 chili, ed ero più basso di adesso - racconta Luigi -. Solo mio padre vedeva in me qualcosa di speciale, lui è stato atleta». L'unica nota stonata nella festa del karate azzurro? Pensare che ai Giochi di Parigi 2024 non sarà disciplina olimpica. www.liberoquotidiano.it

domenica 8 agosto 2021

Antonella Palmisano ORO nella 20 km di marcia femminile a TOKYO 2020

Al Sapporo Odori Park sventola solo il tricolore: la marcia azzurra è da impazzire. Antonella Palmisano ha vinto l'oro nella 20 km femminile, bissando l’exploit realizzato ieri da Massimo Stano. L’atleta italiana ha confezionato un’impresa pazzesca, grazie a un’azione insistita e autorevole che ha demolito progressivamente le certezze avversarie, con lo strappo decisivo a 5 km dal traguardo. La Palmisano ha trionfato in 1:29:12, davanti alla colombiana Arenas, 1:29:37, e alla cinese Liu, bronzo in 1:29:57. Il 6 agosto è una data scritta nel destino della neo olimpionica: proprio oggi, infatti, festeggia il suo 30° compleanno, celebrato con l'emozione sportiva più bella di sempre. Antonella aveva chiuso ai piedi del podio la sua precedente partecipazione olimpica a Rio 2016.
Antonella Palmisano dalla pallavolo all'oro olimpico nella marcia per festeggiare il compleanno. L'azzurra, che ha vinto la medaglia d'oro nella 20 km a Tokyo 2020, oggi compie 30 anni e festeggia nel migliore dei modi. L'atleta pugliese, nata in provincia di Taranto nel 1991, fino al 2003 ha giocato a pallavolo. Poi, come ricorda la Fidal, si è convinta a praticare la marcia con un gruppo di ragazzi guidati a Mottola dal tecnico Tommaso Gentile. Nel suo ricco palmarès giovanile brilla la vittoria in Coppa del Mondo juniores - risultato senza precedenti per un’azzurrina - a Chihuahua nel 2010. Dal 2012 si è trasferita a Roma sotto la guida di Patrizio Parcesepe, tecnico delle Fiamme Gialle. Si è piazzata a ridosso del podio nei Mondiali di Pechino 2015 (quinta) e poi ai Giochi olimpici di Rio 2016 (quarta) nonostante una stagione condizionata da un infortunio al tibiale destro. Nel 2017 ha stabilito il record nazionale nei 10.000 su pista (41'57''29) e ha vinto la 20 km in Coppa Europa a Podebrady prima del bronzo ai Mondiali di Londra con 1h26:36, seconda azzurra di sempre, migliorandosi di oltre un minuto. Un altro bronzo agli Europei di Berlino, nel 2018, prima del matrimonio in settembre con Lorenzo Dessi, a sua volta specialista azzurro del tacco e punta. Nel 2020 è diventata primatista italiana nei 10 km su strada con 41:28 a Modena e nel 2021 ha conquistato il successo per la seconda volta negli Europei a squadre, di nuovo a Podebrady.


Curiosità: gareggia con un colorato fiore di feltro in testa, realizzato dalla mamma. E oggi, come regalo di compleanno, è arrivato l'oro olimpico. www.adnkronos.com
Dal 2012 si è trasferita a Roma sotto la guida di Patrizio Parcesepe, tecnico delle Fiamme Gialle. Si è piazzata a ridosso del podio nei Mondiali di Pechino 2015 (quinta) e poi ai Giochi olimpici di Rio 2016 (quarta) nonostante una stagione condizionata da un infortunio al tibiale destro. Nel 2017 ha stabilito il record nazionale nei 10.000 su pista (41'57''29) e ha vinto la 20 km in Coppa Europa a Podebrady prima del bronzo ai Mondiali di Londra con 1h26:36, seconda azzurra di sempre, migliorandosi di oltre un minuto. Un altro bronzo agli Europei di Berlino, nel 2018, prima del matrimonio in settembre con Lorenzo Dessi, a sua volta specialista azzurro del tacco e punta. Nel 2020 è diventata primatista italiana nei 10 km su strada con 41:28 a Modena e nel 2021 ha conquistato il successo per la seconda volta negli Europei a squadre, di nuovo a Podebrady. Curiosità: gareggia con un colorato fiore di feltro in testa, realizzato dalla mamma. E oggi, come regalo di compleanno, è arrivato l'oro olimpico.

Mottola comune italiano della provincia di Taranto in Puglia.

Mottola, già Motula  è un comune italiano di 15 378 abitanti della provincia di Taranto in Puglia.
«Da l'alto de la vetta guarda, come da un grande balcone aperto, lo splendore azzurro del golfo di Taranto. Il viaggiatore che passa di lontano, scorge sul colle che si eleva sulla vasta pianura, le sue case bianche ed appollaiate. La dicono, la spia delle Puglie»
(Michele Lentini)
Mottola, situata nella parte sud della Murgia, sorge su una collina di 387 m s.l.m., a ridosso del Mar Ionio. Il suo territorio raggiunge circa i 70 m s.l.m. di altezza minima e i 506 m s.l.m. di altezza massima. Il territorio comunale confina a nord con Noci, a nord-ovest con Gioia del Colle, a nord-est con Alberobello e Martina Franca, a ovest con Castellaneta e a sud-est con Massafra, a sud con Palagiano e Palagianello. Il territorio di Mottola è caratterizzato dalla presenza di gravine, di boschi (di pino o di quercia) e anche di zone con macchia mediterranea spontanea.
La collina di Mottola ha visto il suo territorio e l'agglomerato urbano interessati da ininterrotte frequentazioni umane sin dalla preistoria, come ha dimostrato il ritrovamento, nel 1899, di un ripostiglio di bronzi risalenti all'Età del Ferro. La presenza umana sulla collina durante il I millennio a.C. si desume da una collezione di bronzi (attualmente conservata nel Museo Nazionale di Taranto) recuperata nel 1899, durante lo scavo delle fondamenta di Palazzo D'Onghia (oggi tra via Mazzini e via D'Acquisto).
Coinvolta nel processo di consolidamento del territorio e dei confini del thema di Longobardia in funzione strategico-militare, venne edificata dal catapano d'Italia Basilio Boioannes nel 1023.[6] Il castellum di cui parlano le fonti venne costruito su commissione del Boioannes dai due capi saraceni Rayca e Saffari. Altra testimonianza del castello risale al 1063, secondo il Breve chronicon Northmannicum.
 Questa notizia sembra suggerire una distinzione tra un insediamento fortificato (castrum) e un edificio castellare (castellum), tale per cui si dovrebbe supporre l'esistenza di una struttura castellare, separata da un insediamento fortificato, che sarebbe quello edificiato da Boioannaes in funzione antisaracena. Non è inoltre chiara la distinzione tra l'insediamento fortificato della metà dell'XI secolo e il villaggio rupestre situato presso la gravina di Petruscio (a 3 km dall'abitato), che potrebbe essere stato popolato tra IX e XI secolo nell'ambito di un processo di recupero e ricolonizzazione della regione pedemurgiana, determinata dalla conquista bizantina dopo la cacciata dei saraceni (876, conquista di Bari). Deve ritenersi spuria la notizia seconda la quale nel 1102 sarebbe stata distrutta a causa del malgoverno del cancelliere tarantino Muarcaldo durante il principato di Boemondo. Durante la dominazione normanna risulta già sede vescovile e lo sarà fino al 1818, quando fu soppressa per effetto del nuovo Concordato tra Pio VII e Ferdinando I di Borbone e aggregata a Castellaneta. Fu poi sotto la dominazione sveva, angioina ed aragonese. Nel 1653, con atto rogato dal notaio Giovanni Angelo Durante di Napoli, il feudo di Mottola fu venduto a Francesco Caracciolo VII duca di Martina, alla cui casata rimase sottomesso sino alle leggi eversive dei feudi del 1806. Con la Restaurazione, Mottola seguì le vicende proprie del Risorgimento nazionale, soffrì l'azione eversiva del brigantaggio e partecipò al processo di riorganizzazione politico-sociale, per il proficuo raggiungimento di una nuova fisionomia amministrativa, economica e culturale. Nel 1887 fu edificato l'attuale Palazzo Municipale, con facciata in stile neoclassico, consta di circa 70 stanze distribuite su 3 livelli attorno ad uno spazioso atrio interno (ove d'estate si svolgono eventi culturali); si affaccia sulla grande "Piazza XX Settembre" contornata da una fitta fila di alberi ornamentali di rovere. La pavimentazione evidenzia otto grandi mosaici ottagonali, realizzati in materiali lapidei e smalti vitrei, che illustrano altrettanti avvenimenti storici o leggendari della città medievale 
Sono presenti tre gruppi di musica folkloristica, "Motl la fnodd" (iscritto alla Federazione Italiana Tradizioni Popolari - www.motllafnodd.it), Il Canzoniere mottolese (associato alla F.A.F. It. - Federazione Associazioni Folkloriche Italiane) che con i loro spettacoli e le loro ricerche musicali mantengono viva la storia locale attraverso la presentazione delle figure tipiche e dei 'personaggi' della cultura contadina, i modi di dire e, naturalmente, il dialetto mottolese; e i Terraròss che nel luglio 2011 hanno ricevuto la nomina di gruppo folkloristico ufficiale della Provincia di Taranto. Esiste una marcia sinfonica intitolata Mottola, scritta dal Maestro Semeraro 

sabato 7 agosto 2021

#NarrazioniOlimpiche Tokyo 2020, #Storie: Massimo Stano medaglia d'oro della 20 km di marcia

Alle Olimpiadi di Tokyo 2020 Massimo Stano ha vinto la medaglia d'oro della 20 km di marcia. Per l'Italia è il settimo oro. La medaglia d'argento è stata vinta dal giapponese Koki Ikeda, il bronzo dal Toshikazu Yamanishi La gara si è svolta a Sapporo.

Classe 1992, pugliese, perito informatico amante del Giappone e convertito all’Islam per amore. Ecco chi è Massimo Stano, il 29enne che ha riportato l’Italia in cima all’Olimpo della marcia 20km
Sono due mesi che mi ripetevo “Sono il più forte, il più forte del mondo”. Nella mia testa mi ripetevo: “Voi fate pure quel che volete, tanto io sono il più forte”», ha raccontato il campione olimpico a fine gara. Stano, classe 1992, è nato a Grumo Appula, ma è cresciuto a Palo del Colle, in provincia di Bari. La sua avventura nell’atletica inizia all’età di 11 anni, gareggiando come mezzofondista nella Fiamma Olimpia Palo. A 14 anni passa invece alla marcia nell’Atletica Aden Exprivia Molfetta, sotto la guida di Giovanni Zaccheo. A 19 anni viene arruolato nelle Fiamme Oro Padova e nel 2016 ottiene il suo primo traguardo internazionale: medaglia di bronzo agli Europei under 23 di Tempere 2016. In quell’occasione Stano arrivò quarto, ma salì sul podio a causa della squalifica per doping del russo Bogatyrev.
Dopo una parentesi a Sesto San Giovanni, sotto la guida di Alessandro Gandellini, e una lunga serie di infortuni, nel 2018 arriva la svolta. Stano si trasferisce a Castelporziano, vicino Ostia, nel quartier generale delle Fiamme Gialle della Guardia di Finanza, dove viene allenato da Patrizio Percesepe. Da qui inizia l’ascesa per il marciatore pugliese: primo nei campionati italiani di marcia nel 2018, con il tempo di con il tempo di 1h21’02”, mentre due mesi dopo si classifica terzo nei Mondiali a squadre di Taicang, con un tempo di 1h21’33”
Sempre nello stesso anno, per un solo secondo, non si classifica terzo ai Campionati europei di Berlino. Ma i suoi tempi continuano a migliorare, tant’è che a giugno 2019, in Spagna, batte il record italiano della marcia 20 km, con un tempo di 1h17’45”. Ai Mondiali di Doha dello stesso anno si classifica però 14esimo, con un tempo al di sotto dei suoi standard: 1h31’36”.
Nel 2016, per amore, si è convertito all’Islam, sposando l’atleta Fatima Lotfi. Un destino comune: entrambi hanno iniziato la loro carriera atletica come mezzofondisti, e sono poi passati alla marcia. A marzo 2020, Stano è diventato papà di Sophie, a cui il marciatore a dedicato la vittoria olimpica,. Stano, poi, è un gran amante della cultura nipponica, a tal punto da considerare il Giappone «una seconda casa». 
Al termine della gara a Sapporo, infatti, l’oro olimpico Stano ha rivelato: «Mi piace tanto questo Paese, la gente, il paesaggio, i manga, la scrittura. Studio il giapponese da due anni, e vincere dove c’erano tre dei migliori del mondo è un valore aggiunto».www.open.online

giovedì 5 agosto 2021

#NarrazioniOlimpiche Tokyo 2020, #Storie: Elia Viviani | Viviana Bottaro

Elia Viviani ha conquistato l'argento nell’Omnium. Il portabandiera azzurro, oro nella specialità a Rio 2016, ha chiuso la gara all’Izu Velodrome con 124 punti, dietro al britannico Matthew Walls, oro con 153 e al neozelandese Stewart Campbell (129).
L’azzurro è riuscito a risalire prepotentemente la classifica generale dopo il 13° posto nello Scratch (16), l’ottavo nella tempo race (26), e la vittoria nella corsa a eliminazione (40), che gli aveva permesso di affrontare il quarto e ultimo atto al sesto posto parziale (40). L'olimpionico, nei 100 giri della corsa a punti, ha saputo fare la differenza grazie a un'interpretazione mirabile e a una gestione vincente dei 10 sprint, centrando il terzo posto.
E’ davvero impresa per Elia Viviani all’Omnium del ciclismo su pista alle Olimpiadi di Tokyo 2020: l’azzurro, dopo due gare affatto importanti, si riscatta nella gara ed eliminazione e giusto in questi istanti compie una prestazione da vero campione nella gara a punti conquistando alla fine una bellissima medaglia di bronzo. E’ dunque terzo gradino del podio per il nostro beiamone, che davvero ci ha regalato grandissime emozioni in pista: solo una punta di amarezza per l’argento, sfiorato solo a pochi giri dalla conclusione, ma per come si era messa la gara dell’Omnium davvero non possiamo che applaudire alla prova di Viviani, davvero solido oggi. Dopo la prova a punti, la classifica finale dell’Omnium maschile vede in testa e dunque medaglia d’oro per Matthews Walls, autore di una gara incredibile lungo tutta le 4 prove: argento a sorpresa per il neozelandese Stewart, esploso nel finale e dunque bronzo per l’azzurro. www.ilsussidiario.net
Nella giornata di esordio della nuova disciplina olimpica Viviana Bottaro ha conquistato al Nippon Budokan di Tokyo la medaglia di bronzo nel kata. L'azzurra, seconda nel girone preliminare, ha superato la statunitense Sakura Kokumai con 26.48 contro il 25.40 dell’avversaria conquistando un meritato storico primo bronzo olimpico per il karate azzurro.
Viviana Bottaro, karateka della specialità kata che si è guadagnata l'accesso alla finalina per il bronzo dopo aver chiuso al secondo posto il ranking round vinto dalla giapponese Shimizu. Non ha ancora nessuna medaglia come ricordo di qualche partecipazione ai Giochi Olimpici, Viviana, dato che fino a Tokyo 2020 la sua specialità non c'era mai stata. È nata a Genova quasi 34 anni fa. I primi metalli li ha vinti però che non era nemmeno ventenne, in giro per l'Europa, a Tenerife, Stavanger e Bratislava. Il primo di tre ori arriva ai mondiali ma nella competizione a squadre, a Budapest nel 2013, mentre l'anno dopo, a Tampere, si leva la soddisfazione di indossare il metallo più prezioso anche nell'individuale. Il percorso che l'ha portata a vincere più di 20 medaglie tra europei e mondiali, però, non è così scontato. Ha iniziato da piccola insieme alla sorella Valeria, con il padre che come primo insegnamento dato alle due figlie ha detto di imparare a sapersi difendere. Ci sono riuscite, Viviana certamente più di Valeria, ma questo poco conta. A 33 anni, quasi 34, oggi, sa che non avrà più molte altre chance per tornare su questo palcoscenico dato che peraltro la sua specialità, esordiente a Tokyo, non è nemmeno stata confermata a Parigi 2024. www.leggo.it

#NarrazioniOlimpiche Tokyo 2020, #Storie: Manfredi Rizza | Gregorio Paltrinieri

Manfredi Rizza è medaglia d’argento nel K1 200! Sulle acque del Sea Forest Waterway l’azzurro cede soltanto all’ungherese Sandor Totka (35”035) e conquista il secondo posto (+0.045) davanti al britannico Liam Heath (+0.167).
Rizza, bronzo mondiale a maggio nel K1 200 metri, si era presentato a Tokyo con la possibilità di vincere una medaglia, dopo il sesto posto di Rio de Janeiro. Ha trent’anni, è di Pavia ed è laureato in ingegneria meccanica. Gareggia per l’Aeronautica Militare.

Nella voce di DIEGO CARMIGNANI (Radio Rai), il racconto della medaglia d'argento ai #giochiolimpici di #Tokyo2020 per Manfredi #Rizza nella canoa sprint k1 200 metri
Gregorio Paltrinieri stupisce ancora! L’azzurro conquista la seconda medaglia a Tokyo 2020 e, all'argento in vasca negli 800 sl, aggiunge il bronzo in acque libere ottenuto oggi nella 10 km. Una rimonta quella realizzata del nuotatore italiano sulle acque dell'Odaiba Marine Park che recupera 30 secondi agli avversari, si porta a ridosso dei primi e blinda il terzo posto del podio a +27.4 dal tedesco Florian Wellbrock, vincitore della medaglia d’oro in 1:48:33.7. Argento all’ungherese Kristof Rasovszky (+25.3). Quattordicesimo l'altro azzurro in gara, Mario Sanzullo.
Super Greg diventa così il primo azzurro ad aver conquistato ai Giochi una medaglia in vasca e una in acque libere (foto Mezzelani GMT Sport).
Nella sua bacheca olimpica ci sono ora l'oro nei 1500 sl a Rio 2016, l'argento negli 800 sl e il bronzo nella 10 km a Tokyo 2020.
Paltrinieri ha 26 anni, è di Carpi e cinque anni fa a Rio de Janeiro vinse l’oro nei 1.500 metri stile libero. A Tokyo, nella stessa prova, è arrivato quarto. Nonostante non sia riuscito a vincere un altro oro in Giappone, la sua Olimpiade è comunque positiva considerando tutti i problemi avuti in fase di preparazione. www.coni.it

lunedì 2 agosto 2021

#NarrazioniOlimpiche Tokyo 2020, #Storie: Gianmarco Tamberi

«Sono stati anni difficilissimi. E finalmente posso dire che ne è valsa la pena». La vittoria dell’oro di Gianmarco Tamberi nel salto in alto non è soltanto la storia del primo oro olimpico dell’atletica azzurra dal 2008, il primo vinto nello stadio da Los Angeles 1984 con pochi minuti di vantaggio su Marcell Jacobs. È la storia di un’ossessione, di una rivincita inseguita per cinque anni e raggiunta quando meno sembrava possibile. Soprattutto, è la storia di un atleta che nell’atto decisivo ha rinunciato a molte delle cose che lo avevano reso celebre.
«A dire la verità a me il salto in alto non piace». Così diceva Tamberi, nell’aprile 2016, in un’intervista a Sportweek pochi mesi prima dell’inizio delle Olimpiadi di Rio e poche settimane dopo la vittoria di un titolo mondiale indoor, quando era iniziata la sua scalata verso la celebrità. «Detta così è un po’ forte, lo so, ma lo faccio perché sono bravo, non perché lo amo. Non mi ha mai appassionato come per esempio il basket». All’epoca di quell’intervista, Tamberi era un saltatore di nemmeno 24 anni che si dedicava a tempo pieno all’atletica solo da sette.
Per Gianmarco Tamberi la possibilità di vincere un oro olimpico non era solo un sogno. Era l’unico traguardo possibile per dare un senso alla scelta di sacrificare la sua passione per l’atletica. O, almeno, ai tempi lui diceva così. Sarebbe stato il frutto di un sodalizio fortissimo, quello con il padre Marco, suo allenatore e finalista dell’alto a Mosca 1980. Era stato il padre a convincerlo – senza tuttavia costringerlo – a mollare il basket per inseguire un sogno che, per molti versi, aveva più l’aspetto dell’obbligo. Ed era stato il padre, quando Gianmarco nel 2013 sembrava un talento alla deriva ed era pure tornato a giocare a basket in serie D, a metterlo davanti a un bivio: o stai alle mie regole, o te ne vai. Il figlio se ne andò di casa (trasferendosi da sua madre), ci pensò un mese e tornò con l’unico tecnico che potesse allenarlo, quello che aveva investito tutto su una rincorsa velocissima in grado di spararlo ad altezze siderali. Stette alle regole (sveglia alle nove, luce spenta alle undici e mezza, va detto che c’è di peggio) e da lì iniziò il crescendo, fino all’oro indoor ai Mondiali di Portland 2016. Il Brasile doveva essere l’apoteosi: «Questa è l’Olimpiade mia. Non esiste altro, non può andare male. Voglio vincere».
Fino all’Herculis, uno dei meeting più importanti del mondo, a Montecarlo. Il 15 luglio 2016, in un tempio dell’atletica leggera, si poteva entrare gratis: bastava presentarsi con la mezza barba di Tamberi. Furono un trionfo e una tragedia sportiva. Tamberi dominò quella gara, ridicolizzando gli avversari che, incidentalmente, erano i migliori saltatori del mondo. Superò i 2,37 metri alla prima misura, quando il qatariota Mutaz Essa Barshim era già fuori. Alla terza valicò pure i 2,39, segnando il nuovo record italiano e vincendo la gara. A quel punto aveva due scelte: accontentarsi di un dominio assoluto o chiedere di portare l’asticella a 2,41, per provare a superare anche la miglior prestazione mondiale dell’anno, segnata proprio da Barshim. Tamberi decise di giocarsela. Sbagliò il primo tentativo. Riprovò e si accasciò sul materasso tenendosi la caviglia e urlando. Lesione del legamento deltoideo, una sentenza tombale sui sogni olimpici.  Quest’anno, già prima dei Giochi, stava facendo la sua stagione migliore post infortunio. Agli Europei indoor di Torun ha lottato a livelli altissimi. È arrivato a giocarsi l’oro a 2,37, dopo aver saltato 2,33 e 2,35 alla seconda misura. Un’altezza siderale, per il Tamberi post 2016. Ma ha dovuto cedere a Maksim Nedasekau, che si è inventato un miracolo a 2,37 dopo due errori a 2,35. 
La stagione outdoor proseguiva fra alti e bassi, ma mai sopra i 2,33 metri. E sempre a guardare quel gruppetto di quattro o cinque atleti che avevano una marcia in più. Intanto, facevano rumore anche i cambi di società: prima l’addio alle Fiamme Gialle, nel 2020, per tornare civile con Atl-Etica, poi nemmeno un anno dopo il ritorno ai gruppi militari, stavolta con le Fiamme Oro.
Tamberi a Tokyo non era tagliato fuori ma gli serviva una gara perfetta e un po’ di fortuna per andare a medaglia. Per arrivare all’oro, gliene sarebbe servita molta. Il giorno delle qualificazioni aveva sporcato la sua ‘fedina’ con un errore a 2,28. Il salto in alto concede tre prove a ogni misura, ma evitare gli errori inutili è fondamentale, perché in caso di pareggio vince chi ha fatto meno errori nell’ultima misura saltata. E in caso di ulteriore pareggio, chi ha fatto meno errori in assoluto in finale. Tamberi era alla terza Olimpiade. La prima volta, a Londra, era un ragazzino e più in là delle eliminatorie non poteva andare. La seconda volta, a Rio, vide la pedana appoggiato alle stampelle. L’1 agosto 2021, per un atleta di 29 anni, aveva tutta l’aria di essere l’ultima chiamata.  
Al terzo errore lui e Barshim erano pari. È rarissimo che succeda e il regolamento prevede due possibilità: o lo spareggio, o l’ex aequo, se entrambi gli atleti lo accettano. «Se lo spareggio non viene effettuato – dice il regolamento -, incluso il caso in cui gli atleti, in ogni fase, decidano di non saltare ulteriormente, la parità per il primo posto sarà confermata». In quel momento, in parità, c’erano due atleti con infortuni gravissimi alle spalle. Né Barshim né Tamberi avevano mai vinto un oro olimpico. Sono amici di vecchia data e si sono dati manforte negli anni. 
Che Tamberi avrebbe accettato un pareggio, non c’erano dubbi. L’unica incognita era se Barshim, il più forte saltatore degli ultimi vent’anni, avrebbe accettato di dividere il gradino più alto del podio con qualcuno. Il resto è storia. «Can we have two golds?», chiede Barshim al giudice. «It’s possible». Tamberi e Barshim si abbracciano. «Per me è qualcosa di incredibile. Lui (Barshim, ndr) è il saltatore più forte di tutti i tempi, è inutile dirlo – ha detto alla Rai -. Ha dimostrato in questi anni di essere veramente il numero uno in assoluto. Per me vincere un’Olimpiade dopo quello che ho passato è una cosa stratosferica. Lui se lo meritava. Io sinceramente credo di aver realizzato un sogno, un pezzo di storia che rimarrà per sempre con me. Non vedo l’ora di raccontarlo ai miei figli quando li avrò, se li avrò. Non dormirò mai più». Riccardo Rimondi www.ultimouomo.com

domenica 1 agosto 2021

#NarrazioniOlimpiche Tokyo 2020, #Storie: Marcell Jacobs ORO con 9.80

Alla vigilia della gara più importante della loro vita, Marcell Jacobs e Gianmarco Tamberi hanno provato a sciogliere il nervosismo con i videogiochi, e nelle loro chiacchiere serali l'idea dell'oro olimpico era accantonato fra i pensieri impossibili.
"È incredibile.
Ieri sera giocavamo alla playstation nella mia stanza con Gianmarco, e dicevamo: 'Immagina se vinciamo? Nooo... È impossibile, non pensarci'. E stasera io l'ho visto vincere cinque minuti prima di me, mi sono detto: 'Ce la faccio' - ha raccontato Jacobs nella zona mista allo stadio di Tokyo dove è diventato campione olimpico dei 100 metri -. È davvero un ragazzo davvero eccezionale, fantastico, lo amo. Ha passato dei momenti brutti e ora siamo tutti e due campioni olimpici".

(ANSA) - TOKYO, 01 AGO - Marcell Jacobs è medaglia d'oro nella finale dei 100 metri delle Olimpiadi di Tokyo 2020 in 9''80. La medaglia d'argento è stata vinta dal statunitense Fred Kerley con 9''84.
 
100 metri nella leggenda, Marcell Jacobs ORO a #Tokyo2020 con 9.80!
Nato a El Paso, trasferitosi piccolissimo in Italia, a 10 anni inizia ad allenarsi ed è un talento nel salto in lungo. Poi si infortuna e decide di passare alla velocità quando ha 18 anni. E vola, anche grazie a un lavoro specifico sul suo corpo durante la pandemia
Prima delle Olimpiadi c’era una speranza che girava nel mondo dell’atletica leggera italiana, una sorta di sussurro che ci sembrava fin troppo incredibile anche solo immaginare: in questa Olimpiade possiamo piazzare un azzurro in finale nei 100 metri maschili. Era un sogno, una speranza appunto, forse un miraggio. C’era un uomo che poteva farlo, soltanto un uomo, si chiama Marcell Lamont Jacobs e ha 26 anni. Jacobs nasce a El Paso, in Texas, il 26 settembre 1994, da madre italiana e papa americano. Dopo pochi anni l’amore fra il padre e la madre finisce e lui segue la madre a Desenzano del Garda e inizia a praticare atletica all’età di 10 anni nella Pro Desenzano e poi nella gloriosa Atletica Brescia 1950. Non sceglie di dedicarsi subito alla velocità, perché è molto forte anche nel salto in lungo. Anzi sembra essere proprio il lungo la specialità dove poter fare buone cose, è il migliore in tutte le categorie giovanili e nel 2016 sfiora le Olimpiadi di Rio de Janeiro, raggiungendo un ottimo 7,84m. 
Il destino è in quel momento però che gira, perché si fa male al bicipite femorale sinistro e per non sforzarlo troppo inizia a dedicarsi con maggiore dedizione e curando meglio nei dettagli la velocità. Nel salto in lungo fa un ultimo grande show ai Campionati italiani promesse, quando stabilisce il record italiano con un fantascientifico 8.48 m, che però non viene omologato per solo 0,8 m/s di vento a favore rispetto al consentito. 
Dal 2018 sceglie esclusivamente la velocità e lo si capisce subito che è un nuovo Jacobs sui 100 quando il 1° maggio 2018 corre in 10″15, migliorando di 8 centesimi il suo personale. Ama Savona e la pista dove si corre l’International Meeting “Città di Savona”. Il 23 maggio 2018 corre proprio lì prima in 10″04 ventoso e poi in finale in 10″08, che lo pone al quarto posto della classifica all-time in Italia. Nel 2019 si avvicina alla soglia fatidica dei 10 secondi, correndo a Padova in 10″03. Il 2020 per lui, come per tutti gli atleti, è quasi completamente perso, mentre in questo 2021 già dalle prime gare è un Jacobs del tutto nuovo, molto muscoloso ma tirato al massimo, con un corpo perfetto per la velocità. 
Ha una nuova consapevolezza, lo dimostra dalle prime gare in cui vuole puntare sempre ai suoi limiti. E i risultati arrivano subito: il 6 marzo vince “per distacco” i 60 metri agli Europei indoor di Toruń con il tempo di 6″47, nuovo record italiano e miglior prestazione mondiale stagionale, poi il 3 maggio 2021 ancora una volta a Savona, vince la sua semifinale dei 100 metri in 9″95, frantumando il record italiano di Tortu. www.ilfattoquotidiano.it

#NarrazioniOlimpiche Tokyo 2020, #Storie: Mauro Nespoli | Antonino Pizzolato | Simona Quadarella | Irma Testa

Un magnifico Mauro Nespoli ha lottato fino all’ultimo tiro in una sequenza senza tregua contro il turco Mete Gazoz uscendo sconfitto dal confronto finale ma senza dubbio a testa alta.
La medaglia d’argento conquistata dall’azzurro è comunque una grande impresa. La cavalca di Nespoli verso l’ultimo incontro è iniziata con gli ottavi di finale dove si è sbarazzato del brasiliano Marcus D’Almeida con un netto 6-0 (29-28, 28-26, 29-25). Ai quarti di finale ha vinto contro il tedesco Florian Unruh 6-4 (28-28;26-29, 29-28; 28-26;27-27) e infine ha superato in semifinale il cinese di Taipei Chih Chun Tang 6-2 (29-27;28-30;28-27;29-28). Sulla sua strada, quindi, è arrivato il giovane turco Mete Gazoz che a sua volta aveva già dimostrato il suo valore superando prima lo statunitense Ellison 7-3 poi sempre con lo stesso punteggio il giapponese Furukawa in semifinale.
Lo scontro finale è apparso subito molto equilibrato Nespoli vince il primo set (29-26) poi raggiunto sul pari in secondo (28-28) pensa a mantenere la concentrazione. Ma Gazoz non gli lascia il tempo di godere del vantaggio riallinea le sorti dell’incontro (26-27) e prosegue nel quarto set in perfetto equilibrio (29-29). Nell’ultima sequenza di tiri due centri da 10 fiaccano le speranze di Nespoli che non può nell’ultimo tiro raggiungere più il suo avversario (26-29).  www.coni.it

Antonino Pizzolato ha conquistato la medaglia di bronzo nel sollevamento pesi categoria 81 kg. L’azzurro ha alzato in totale 365 kg provando una ultima volta lo strappo da 210 kg. Se ci fosse riuscito avrebbe raggiunto il primo gradino del podio. Ma non è riuscito nell’impresa.
L'atleta siciliano è stato preceduto dal cinese Lu Xiaojun, che ha alzato complessivamente 374 kg, e dal dominicano Zacarias Bonnat Michel, con 367 kg. www.coni.it
Simona Quadarella è medaglia di bronzo negli 800 sl. Al Tokyo Aquatics Centre l'azzurra ha conquistato il terzo gradino del podio, nuotando in 8:18.35, alle spalle della statunitense Kathleen Ledecky, oro in 8:12.57 e dell’australiana Ariarne Titmus (+1.26). (Foto Ferraro GMT Sport) www.coni.it
Arriva dal pugilato, ed è di bronzo, la 600esima medaglia dell’Italia nella storia dei Giochi Olimpici Estivi. A firmarla è Irma Testa che nella semifinale dei -57 kg cede 4-1 alla filippina Nesthy Petecio. Il bronzo conquistato oggi dalla campana rappresenta, inoltre, la prima medaglia del pugilato femminile italiano ai Giochi (foto Bozzani Bozzsportphoto).www.coni.it 

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