«All'inizio stavo bene, ma nel primo incontro non mi ero espresso benissimo, poi mi sono ripreso. La semifinale è stata grandiosa, la finale poi, è stata qualcosa di magico. Se è un sogno lasciatemi sognare». Il successo più bello, quello di Tokyo, per il karateka italiano rappresenta il compendio degli enormi sacrifici fatti. Perché per il campione di Avola che oltre al titolo olimpico può contare su un palmarès straordinario con due ori mondiali (Tampere 2006 e Parigi 2012), tre argenti (Belgrado 2010, Brema 2014 e Madrid 2018), un bronzo (Linz 2016) e quindici medaglie europee (cinque ori, due argenti ed otto bronzi)
il viaggio è partito da molto lontano. : «È cominciato tutto come un gioco, all'inizio ero un ragazzo obeso, chi poteva pensare alle Olimpiadi? Ero molto ciccione, mi piaceva mangiare, a 13 anni pesavo 94 chili, ed ero più basso di adesso - racconta Luigi -. Solo mio padre vedeva in me qualcosa di speciale, lui è stato atleta». L'unica nota stonata nella festa del karate azzurro? Pensare che ai Giochi di Parigi 2024 non sarà disciplina olimpica. www.liberoquotidiano.it
Nessun commento:
Posta un commento