martedì 29 settembre 2020

#Luoghi #Storie #Racconti: Maddaloni

Maddaloni (Matalùnë in campano) è un comune italiano di 39.418 abitanti della provincia di Caserta in Campania.
Nel corso del tempo vari studiosi si sono cimentati nella ricerca dell’origine del toponimo Mataluni, ma non si è ancora giunti ad una conclusione certa; tra i tanti, il de’ Sivo si concentra sul Castrum Kalato Magdala, cioè il monastero di Maria Maddalena la cui chiesa fu distrutta dal terremoto del 5 giugno 1694.
Secondo il Mazzocchi «questo nome fosse venuto al castello dalla voce araba di Magdalo, che vuol dire appunto castello, imposta a quel luogo forte dà Saraceni, che assai probabilmente dovettero farsene un nido di rapina».
Per don Francesco Piscitelli, arciprete della Collegiata di San Pietro e studioso maddalonese, invece, il toponimo deriverebbe dal principe Matalo, capitano dei Galli Boji che seguirono Annibale nella sua discesa in Italia durante la seconda guerra punica: poiché lo stesso Annibale si curò poco di loro, essi, «avvezzi ad abitare appiè delle Alpi, trovarono alle falde del Tifata un sito conforme alle loro abitudini». Decisero, quindi, di stabilirsi lì e di non seguire il condottiero punico a Capua: dal nome del principe, Matalo, gli abitanti di quella zona furono detti Mataluni.
Altra ipotesi vorrebbe che il nome derivi, dal Medioevo, da "Mezza Luna", descrivendo così la forma che è andata assumendo l'espansione del centro abitato rispetto alla collina che sorge dietro di esso. Una quarta ipotesi vede la città citata al tempo dei Romani con il nome di Meta Leonis, ovvero a forma di leone, sembra a causa di un masso di tale forma sito nei pressi. Fonte : http://it.wikipedia.org/wiki/Maddaloni

domenica 2 agosto 2020

La Valle Po


La Valle Po è una valle delle Alpi Cozie in Provincia di Cuneo scavata dal fiume Po prima che questi entri nella Pianura padana. Fa parte della Comunità montana Valli Po, Bronda, Infernotto e Varaita.
Anche se la valle non è particolarmente lunga (solamente 32 km) e non ospita centri abitati di particolare rilievo, ha una certa importanza e notorietà, legate essenzialmente a due fatti: ospita una delle vette più conosciute delle Alpi, il Monviso, e dà origine al fiume più lungo d'Italia, il Po.
Fin dall'epoca longobarda vi operarono i monaci della potente abbazia di San Colombano di Bobbio ed al suo ricco feudo reale ed imperiale monastico, cui dipese l'abbazia di San Dalmazzo di Pedona, mentre in seguito dall'VIII secolo la gestione delle valli Po, Bronda, Infernotto e Varaita sarà poi organizzata dall'abbazia di Pagno.
Luoghi di interesse
presso il Rifugio Alpetto, il Ricovero dell'Alpetto, primo rifugio storico del Club Alpino Italiano
È sicuramente la più rinomata delle Alpi sudoccidentali per la presenza del virgiliano Vesulus, il Monte Viso, piramide rocciosa ai cui piedi scaturisce la risorgenza del grande fiume Po, l'antico Eridano. La valle, dominata alla sua destra orografica dalla mole del Monte Viso, si stacca dallo spartiacque principale italofrancese allungandosi verso levante fin sulla pianura padana, con uno sviluppo si soli 32 km. Sul fondovalle, linea di demarcazione tra i settori meridionale e centrale delle Alpi Cozie, scorre il fiume Po, mentre la strada rotabile principale, nella parte alta, ne segue costantemente la sinistra orografica fino al Pian del Re a quota 2020 m. Il territorio comprende undici comuni: Saluzzo, Revello, Envie, Martiniana Po, Rifreddo, Gambasca, Sanfront, Paesana, Oncino, Ostana e Crissolo. La parte elevata della valle accoglie l'Oasi del Pian del Re (torbiera umida sede di anfibiendemici come la salamandra lanzai), territorio che fa parte del Parco Regionale del Po; più a valle si trovano il rinomato Santuario di San Chiaffredo risalente al secolo XV e alcune note stazioni per sport invernali. A ridosso dello spartiacque principale Po - Guil, a quota 2882 m, si apre lo storico Buco di Viso o Galleria delle Traversette.
L'opera, che venne compiuta tra il 1478 e il 1486 per volere di Ludovico II marchese di Saluzzo con lo scopo di facilitare gli scambi commerciali tra i due versanti, vanta il primato dei trafori in roccia attraverso lo spartiacque alpino.



domenica 28 giugno 2020

Rocca Calascio - provincia dell'Aquila,

Rocca Calascio è una rocca situata in Abruzzo, in provincia dell'Aquila, nel territorio di Calascio, ad un'altitudine di 1 460 metri s.l.m.
Di origine medievale, è conosciuta per la presenza del castello, tra i più elevati d'Italia, considerato uno dei simboli dell'Abruzzo. La rocca, baricentrica tra l'altopiano di Campo Imperatore e quelli sottostanti di Navelli e del Tirino, è inserita in un contesto di grande valore paesaggistico e ricompresa nel parco nazionale del Gran Sasso e Monti della Laga di cui costituisce una delle principali mete turistiche.
La fondazione della rocca si fa risalire a Ruggero II d'Altavilla che ne promosse l'edificazione probabilmente dopo la conquista normanna del 1140; tuttavia il primo documento storico che ne cita il nome è datato al 1239, mentre il primo che ne attesta la presenza al 1380. Alcune fonti ritengono che la struttura possa essere stata costruita sui resti di una preesistente fortificazione d'origine romana.
Rocca Calascio fu inserita in un complesso sistema di fortificazioni, a scopo difensivo, che controllavano le vallate abruzzesi; per la sua vicinanza al vasto bacino pastorale di Campo Imperatore, la rocca ebbe un ruolo importante relativamente ai percorsi della transumanza.
Fece parte – con Calascio, Carapelle Calvisio, Castelvecchio Calvisio e Santo Stefano di Sessanio – della celebre baronia di Carapelle, di cui seguì le vicende storiche fino al 1806, anno dell'abolizione della feudalità. Nei secoli si susseguirono nel dominio le famiglie Pagliara, Plessis, Colonna, Celano, Caldora, Accrocciamuro, Piccolomini Todeschini, Del Pezzo, Cattaneo, Medici e Borbone; in particolare, nel 1463, su concessione di Ferdinando I di Napoli, la rocca passò ad Antonio Todeschini della famiglia Piccolomini che dotò la struttura della cinta muraria in ciottolame e quattro torri di forma cilindrica con merlatura ghibellina
Nel 1703 si verificò un violento terremoto che danneggiò il castello e distrusse quasi interamente il borgo sottostante; fu ricostruita solo la parte bassa del borgo medievale mentre il resto della popolazione, trovò rifugio più a valle, nell'attuale abitato di Calascio.[3][6] Nei decenni seguenti, terminata la sua funzione strategica, la rocca andò in declino e fu progressivamente abbandonata fino a risultare completamente disabitata nel 1957.
A partire dagli anni '80 del XX secolo, sull'onda del successo di alcune ambientazioni cinematografiche – su tutti, Ladyhawke del 1985 e Il nome della rosa del 1986 – il castello è stato sottoposto a lavori di restauro e consolidamento e alcune abitazioni del borgo medievale sono state recuperate e convertite a strutture ricettive. Rocca Calascio è diventata una delle principali mete turistiche dell'Abruzzo aquilano e, nel 2019, il suo castello è stato inserito dal National Geographic nella lista dei 15 più belli al mondo.
Rocca Calascio e il suo progressivo spopolamento sono stati oggetto, nel 1968, del documentario Nel silenzio dei sassi di Romano Scavolini.
A partire dagli anni ottanta del XX secolo, il comprensorio aquilano del Gran Sasso d'Italia è stato utilizzato come ambientazione per numerose produzioni cinematografiche, ricevendone un discreto ritorno turistico e di immagine. Il primo lungometraggio ambientato alla Rocca è Amici miei - Atto IIº (Italia, 1982). Successivamente, è stata la volta di Ladyhawke (USA, 1985) in cui la rocca (allora non ancora restaurata) era il rifugio dell'eremita impersonato da Leo McKern. Quindi ospitò il set de Il nome della rosa (Italia, 1986), vincitore di numerosi premi internazionali. In seguito, sono stati ambientati qui Il viaggio della sposa (Italia, 1997) e L'orizzonte degli eventi (Italia, 2005). La rocca è visibile anche in alcune scene del film The American (USA, 2010) con George Clooney, interamente girato nella provincia dell'Aquila, in particolare tra Sulmona, Castel del Monte, Capestrano, Calascio e Castelvecchio Calvisio.
Rocca Calascio è stato anche set di alcune serie televisive, tra cui le produzioni della Rai La Piovra 7 - Indagine sulla morte del commissario Cattani (Italia, 1995)[9] e Padre Pio (Italia, 2006).

venerdì 19 giugno 2020

Le isole Ciclopi - faraglioni dei Ciclopi o di Aci Trezza

Le isole Ciclopi (o isole dei Ciclopi, o ancora faraglioni dei Ciclopi o di Aci Trezza) sono un piccolo arcipelago della Sicilia, nell'Italia insulare 
Si sono formate in conseguenza di una intensa attività vulcanica circa mezzo milione di anni fa. Esiste la possibilità che in origine fossero attaccate alla costa siciliana.
Il nome dell'arcipelago deriva dalla leggenda secondo la quale i faraglioni e gli altri scogli siti di fronte ad Aci Trezza siano le pietre scagliate dal ciclope Polifemo contro Ulisse in fuga, come narrato nell'Odissea di Omero 
Le isole Ciclopi sono servite da scenario nel capolavoro letterario di Giovanni Verga, I Malavoglia; sono state, inoltre, set cinematografico del film La terra trema di Luchino Visconti, premiato al Festival di Venezia nel 1948.
Le isole Ciclopi si trovano di fronte alla spiaggia di Aci Trezza, nel territorio comunale di Aci Castello, nella città metropolitana di Catania.
La piccola frazione di Aci Castello è nota per il famoso romanzo di Giovanni Verga, i Malavoglia, che narra la storia di una famiglia di pescatori, ma anche perché qui, con attori non professionisti del luogo, venne girato il film La Terra trema di Luchino Visconti e Antonio, Pietrangeli, capolavoro del neorealismo. Non tutti sanno, poi, che proprio ad Aci Trezza è ambientata una delle leggende più poetiche di tutta l’antichità, quella che narra la passionale vicenda della bella Ninfa Galatea, figlia del Dio marino Nereo, e del suo innamorato, un bellissimo pastore di nome Aci. Il ciclope Polifemo, invidioso del giovane perchè a sua volta innamorato della ninfa, non riuscendo ad attirarla a se scagliò un masso enorme che uccise Aci: come viene raccontato da Ovidio nelle Metamorfosi Galatea, per tenere in vita il suo amore, trasformò il sangue di Aci in una sorgente e lui stesso divenne un dio fluviale.

venerdì 5 giugno 2020

Acqualunga frazione del comune italiano di Borgo San Giacomo

Acqualunga è una frazione del comune italiano di Borgo San Giacomo. Costituì un comune autonomo fino al 1927
Di ragione della famiglia Martinengo, l'abitato sorge su una collinetta a poca distanza dal fiume Oglio.
Il paese era collegato da una strada che arrivava al fiume, dove in antichità al posto dell'odierno ponte vi era un porto-traghetto che collegava la sponda bresciana a quella cremonese.
 
Dal catasto napoleonico si nota che la maggior parte della proprietà era posseduta dalla famiglia Fè, ed una piccola parte dalla famiglia degli Emili.
Sono inoltre registrati un mulino ed un maceratoio per il lino.
Nel 1847 viene realizzato un nuovo porto tra Acqualunga e Castelvisconti, utilizzando barche e legnami del porto di Monticelli, che venne demolito e sostituito da un battello di dimensioni inferiori.
Palazzi
Palazzo Della Volta. Costruito dalla famiglia degli Emili nel Settecento sui resti del castello medioevale. Nel secolo seguente passò alla famiglia Della Volta per poi essere acquistato, nel 1935, dal Comune di Borgo S Giacomo. È ora sede della mostra ornitologica "Serafino Fiamenghi". È una costruzione dotata di un portico e parco.
Palazzo Fé d'Ostiani. Si tratta di un palazzo settecentesco a facciata simmetrica dotato di due ali, entrambe a due livelli. Il corpo centrale si alza per tre piani. È dotato di parco che degrada verso l'Oglio. La famiglia di Maffeo o Feo Bettoncelli, che prese poi il nome di Fè dall'abbreviazione dialettale di Feo, proveniente da Azzanello nel Cremonese, passato l'Oglio si stanziò sulla fine del secolo XIV ad Acqualunga. In questo paese i Fé ebbero proprietà sin dalla loro venuta in territorio bresciano. Già nel 1641 il grande casamento padronale aveva dodici stanze solo al piano terra ed aveva di fronte, oltre la strada, due portici di 18 tratti. Qui dimorò a lungo e morì il vescovo Alessandro Fé, prevosto di S. Nazaro. I beni di Acqualunga dei Fé vennero venduti ai Vertua ai primi del Novecento. Negli anni successivi il Palazzo passò agli Scanzi, indi agli Sichirollo di Milano e da ultimo, nel 1961, agli attuali proprietari Paderno. https://it.wikipedia.org
Le origini di Acqualunga 
Siamo nel 218 a.C.; i Romani hanno fondato nella Gallia Cisalpina le due colonie militari di Piacenza e Cremona. Alla colonia di Cremona venne assegnato un vasto territorio nel quale era compresa la fascia che fiancheggia la riva sinistra del fiume Oglio. Per difendere gli importanti passaggi sul fiume, i Romani diedero vita e diversi accampamenti fortificati. In questo quadro, fortificarono verso il 200 a.C. il passaggio sull`Oglio ad Acqualunga costruendovi un castrum oltre l`altura sulla quale sorge l`attuale paese, circondato e protetto da due ampi fossati, la Fratta e la Cava, e dalle acque del fiume stesso che qui formava vaste paludi, tanto che gli stessi Romani, impressionati dalla grande quantità di acqua che giungeva sino a lambire la piccola altura, chiamarono il luogo "Aqua-longa", che vuol dire "Molta acqua", "Acqua abbondante". Dario Ghirardi http://italia.indettaglio.it/ita/lombardia/brescia_borgosangiacomo_acqualunga.html

mercoledì 3 giugno 2020

Terra del Sole frazione del comune di Castrocaro Terme e Terra del Sole (FC)

Terra del Sole (Tèra de Sòl in dialetto romagnolo) è una frazione del comune di Castrocaro Terme e Terra del Sole (FC), situata a meno di 10 km da Forlì.
«Ilustrissimo et Eccellentissimo Signor Principe avevamo fatto quanto volevamo fare circa al disegno della terra daffarsi e così commandai uno schizzo di tutto e alli 8 di dicembre che fu venerdì e fu il giorno della Madonna disegno con zappa e pala atorno alli bordi ... per tutto el sito della detta terra con solenne processione cò tutto il clero soldati delle bande Compagnia di battuti e missa cantata con guastar d'archibusi così etanto come dal provveditor sarà avvisato più particolarmente et così fu cosa bella sicondo loppenione del vulgo ...»
(Missiva di Giovanni Camerini; Castrocaro, 20 dicembre.)
L'8 dicembre 1564, giorno dell'Immacolata Concezione, nel territorio “ultimo“ del Granducato di Toscana in Romagna, venne celebrato un importante rituale liturgico con lo scopo di accompagnare e benedire la fondazione della città fortezza di Terra del Sole: sarebbe sorta in un luogo che per natura pareva ostile ad un insediamento urbano (qui il fiume Montone creava frequenti alluvioni) e di difficile gestione amministrativa (qui vigeva la legge del banditismo). La prima pietra fu posata da Antonio Giannotti, vescovo di Forlì.
«Ricordo come alli 8 di dicembre 1564 si cominciò a fabricare la nova Terra del Sole con processione et messa solenne in detto loco, sendo Comissario Geri Resaliti...»
(Relazione del Patrizio fiorentino Corbizio Corbizi.)
«Ilustrissimo et Eccellentissimo Signor Principe ... per la mattina della Concezione a hore 18 ci partiamo di Castrocaro con la processione di preti, frati et Compagnie et il Comessario et il Capitano Marcantonio con la banda di questo loco in ordinanza e con loro marraiolj comandati di questa comunità di Castrocaro tutti con buono ordine et arrivamo al sito … alla nuova fabrica del Castello del Sole et cominciando da Porta fiorentina ... et si andò baluardo per baluardo facendovi la prevista cerimonia e di poi si celebra missa solenne col Spirito santo a honor di Dio, di Maria Vergine e di tutta la celeste corte e della santissima Misericordia et noi videmmo dar signo di allagrezza sino al tempo quando il giorno avanti a quel dì medesimo fu nebbia grandissima e in quel punto quando arrivammo in sul luogo si allegrò il tempo così il sole va diffondere il suo lume quanto sin tanto che fu celebrata la messa e poi tornò la nebbia in suo ristar, e detta la messa il Sig.re Comissario in nomine di V. (vostra) I. (illustrissima) E. (eminenza) misse la prima fitta di vanga ...»
(Provveditore Lorenzo Perini, 1564.)
Durante il rito si manifesta un avvenimento meteorologico particolare: dopo giorni di nebbia fittissima, mentre si celebra la messa il cielo si apre ed il sole illumina il luogo in cui si sarebbe costruita la città, per richiudersi a cerimonia conclusa.
Questo episodio fu interpretato come segno di augurio e contribuì grandemente ad avvolgere la nascita di Terra del Sole in un'aura di leggenda ed a rafforzare l'identificazione tra la figura di Cosimo I de' Medici e la simbologia del sole, segno di quell'ordine e di quella razionalità che l'etimo del nome proprio del Duca intendeva celebrare.
«La fondazione della piccola città riassume, già nel nome, le principali tematiche urbanistiche e simboliche legate a riti e tradizioni millenaristiche. Anche senza bisogno di sottolineare le ascendenze bibliche ed egizie, questi significati erano stati concretamente riproposti, all'inizio del quattrocento, dalla Città del Sole degli Ussiti, e saranno poi ulteriormente esaltati nella celebre opera di Tommaso Campanella
"Terra del Sole può essere considerata con Palmanova come la più compiuta espressione della nuova modellistica urbana che si impone in Italia nel cinquecento, per diretta influenza delle teorizzazioni e delle concrete esperienze degli ingegneri militari"
A Terra del Sole le fortificazioni furono adeguate ai tempi e alle nuove tecniche militari. Così come per le altre fortezze (San Piero a Sieve, Empoli, Cortona, Montecarlo ai confini della Repubblica di Lucca; Portoferraio nell'Isola d'Elba e Sasso di Simone nel Montefeltro) volute da Cosimo I de' Medici, invece di lunghe cortine e torri, negli angoli si costruirono quattro bastioni muniti di orecchioni per proteggere, con le bocche da fuoco poste nelle cannoniere, le scarpe delle cortine costruite in terra battuta armata con palificate e rivestite di laterizio. Le porte di Terra del Sole, quella «fiorentina» e quella «romana», furono fortificate in maniera analoga a quanto era stato realizzato nelle «terre nuove» del XIV secolo.
Nel mese di giugno del 1579, benché restassero da compiere non pochi lavori di rifinitura, la città era quasi terminata nelle sue parti principali: nelle mura munite dei quattro baluardi, nei Castelli sopra le due porte, nel Palazzo del Provveditore e nel Palazzo dei Commissari con il suo imponente e differenziato insieme di carceri e segrete.
Nel 1579 la nuova «terra» di Cosimo I fu eletta capitale della Provincia della Romagna Fiorentina e il primo Commissario di Terra del Sole, Antonio Dazzi, fece trasferire il Bargello, il Giudice e la Corte civile e criminale, il Cancelliere e il maestro di scuola dalla vicina Castrocaro.
Terra del Sole diventerà sede di mercato per esercitare una vera e propria forma di controllo sulla copiosa produzione agricola del territorio romagnolo. Oltre all'approvvigionamento di grano il mercato di Terra del Sole avrebbe garantito anche quello del sale che proveniva dalla vicina Cervia.
Il Granduca, sempre preoccupato per l'incombente spettro della carestia, per ovviare alle carenze di grano della Toscana, ne avrebbe fatto incetta nella fertile Romagna: l'alimento che in tempo di carestia poteva essere assimilato ad un vero e proprio bene prezioso, non avrebbe trovato custodia più sicura che all'interno delle mura di un deposito fortificato quale la città di Terra del Sole, trasformata all'occorrenza in un enorme granaio dello Stato mediceo. https://it.wikipedia.org/wiki/Terra_del_Sole

martedì 12 maggio 2020

Re-stare al Sud per rigenerare il Sud, mercoledì 13 maggio 2020

mercoledì 13 maggio 2020 dalle ore 19e33 alle 20e13
“Ecco, / io e te, Meridione, / dobbiamo parlarci una volta, / ragionare davvero con calma, / da soli /, senza raccontarci fantasie…” [Franco Costabile] 
Mercoledì 13 maggio alle ore 19e33 inaugureremo ufficialmente le “video lezioni” della Scuola per Restare.
Il primo incontro civico culturale sarà affidato a Laura Pavia architetta, docente, cittadina attiva.
Laura Pavia si occupa principalmente di progettazione architettonica e rigenerazione urbana e nel suo intervento ci illustrerà alcuni dei suoi progetti. Fra i più recenti: “Rigenerare a Sud, Rigenerare il Sud”, un ciclo di seminari online di cui cura la direzione scientifica e il coordinamento con Ina Macaione, organizzato dal Laboratorio di Fenomenologia dell’Architettura dell’Università della Basilicata. Il titolo del programma di seminari e incontri sta a indicare con chiarezza una precisa strategia: senza un protagonismo partecipato dei cittadini che vivono nel Meridione d’Italia oggi più che mai è complicato, se non impossibile, un percorso di rigenerazione del territorio locale.
Laura Pavia è dottoressa di ricerca, docente a contratto temporaneo e membro del Nature-City LAB presso il DiCEM di Matera (UniBAS). È autrice di pubblicazioni nazionali e internazionali, tra cui il testo “Architetture clandestine. Viaggi nelle 131 città-natura della Basilicata”, scritto con altri autori e a cura di Armando Sichenze (Ed. Giannatelli, 2017). Nel 2008 fonda il proprio studio di architettura ATELIER 31 | laura pavia.
Breve video di Architetture clandestine:
foto copertina "Oppido Lucano" di Laura Pavia
Per seguire il video incontro su piattaforma zoom richiedete il “link per accedere alla classe online” inviando una mail a scatoladilatta2014@gmail.com o contattando la pagina di “A scuola per restare”.
POSTI LIMITATI per garantire un “clima conviviale di ascolto e com-partecipazione”.
L’incontro durerà 40 minuti dalle 19e33 alle 20e13. 
Si richiede puntualità “in classe”.
mercoledì 13 maggio 2020 dalle 20e13 alle 20e53
Cosa è il suolo e perché è importante proteggerlo, per una relazione armonica e poetica con il Creato? Cosa succede quando si degrada e perde i suoi servizi ecosistemici? Quando parliamo di bellezza, riferendoci al paesaggio, lo "vediamo" solo da un punto di vista fisico? Nella liquidità sociale contemporanea, quindi, come si inserisce il palinsesto culturale e sociale della rigenerazione urbana? Perché va innervata di innovazione sociale?
A partire da queste domande, l'ingegnere edile architetto ed urbanista Giuseppe Milano, da anni impegnato sul tema del consumo di suolo e dei cambiamenti climatici e sul tema della rigenerazione urbana, proverà a indicare la traiettoria che dovrà essere seguita dai territori del nostro Paese, ma ancor più da quelli solo geograficamente marginali per poter costruire, nei dettami dell'ecologia integrale, nuovi frammenti di un futuro inclusivo e generativo.
Una reale sostenibilità sociale e ambientale nasce dalla ricerca e dalla riscoperta della comunità nei valori della prossimità e della corresponsabilità.
Giuseppe Milano, che è anche giornalista ambientale e segretario generale di Greenaccord Onlus, studia da tempo la materia delle aree interne e dei piccoli borghi che possono diventare incubatori sperimentali di innovazione per una diversa economia del benessere.
foto copertina di Claudia Ferrari
Per seguire il video incontro su piattaforma zoom richiedete il “link per accedere alla classe online” contattando la pagina di “A scuola per restare”.
POSTI LIMITATI per garantire un “clima conviviale di ascolto e com-partecipazione”.
L’incontro durerà 40 minuti dalle 20e13 alle 20e53.
Si richiede puntualità “in classe”.
L’iniziativa è promossa da “Daìmon: A scuola per restare”: una scuola che non terminerà mai: itinerante, multidisciplinare, inclusiva, gratuita e accessibile a grandi e piccini; senza porte e finestre, senza pagelle e attestati, senza compiti e calendari da rispettare; con luoghi di apprendimento disseminati nei campi, nelle cantine e nelle botteghe, diffusa nei paesi e nei paesaggi d’Italia. Una scuola adatta a chi vorrà abitare poeticamente e civicamente i propri territori e a chi vorrà conferire pienezza al proprio re-stare.
La pagina facebook di Daìmon – A scuola per restare
Ecco le prossime date delle video "lezioni":
22 maggio: La vita al tempo dell’Apocalisse (diario di una quarantena da corona virus) a cura di Otto Marco Mercante
25 maggio: A scuola per poetare In comode rate a cura di Beatrice Zerbini
3 giugno: Gentilezza: la rivoluzione col sorriso a cura di Angela Marinaro
13 giugno: Restare qui, mantra che è preghiera: luoghi e paesi della Sicilia interna a cura di Nicola Grato

mercoledì 29 aprile 2020

#LuoghiColoriParole, Montalcino

Montalcino è un comune italiano di 5 920 abitanti della provincia di Siena in Toscana. Per estensione territoriale, risulta essere il comune più grande della provincia, il 5º della regione e il 36º a livello nazionale.
È una località nota per la produzione del vino Brunello. Si colloca nel territorio a nord-ovest del Monte Amiata, alla fine della val d'Orcia, sul confine amministrativo con la provincia di Grosseto.
La collina su cui si trova Montalcino è stata abitata probabilmente già in epoca etrusca.
Montalcino è menzionato per la prima volta in un documento del 29 dicembre 814, quando l'imperatore Ludovico il Pio concesse il territorio sub monte Lucini all'abate della vicina abbazia di Sant'Antimo.
Sull'origine del nome di Montalcino esistono almeno due ipotesi. Alcuni ritengono derivi dal Mons Lucinus citato nel documento dell'814, nome in onore dalla dea Lucina o riferimento alla parola latina lucus, che significa "bosco sacro", o più genericamente "piccolo bosco". Altri, invece, fanno derivare il toponimo da Mons Ilcinus, dal latino mons (monte) e ilex (leccio), cioè "monte dei lecci", pianta assai diffusa nella zona rappresentata anche nello stemma cittadino. Con il trascorrere dei secoli il nome, ad ogni modo, si sarebbe poi trasformato, da Mons Lucinus o Mons Ilcinus, in Mons Elcinus e successivamente nell'attuale Montalcino.


Il primo nucleo abitativo si ritiene risalga al X secolo. In questo periodo la popolazione ebbe un notevole incremento demografico quando si trasferirono in città gli abitanti di Roselle. Il nucleo abitativo originario si sarebbe esteso nel corso dei secoli fino a raggiungere, nel XIV secolo, le dimensioni attuali.
Grazie alla posizione della città, dominante la cima di una collina, dai suoi viali la vista può spaziare sulle valli dell'Ombrone e dell'Asso.
In epoca medievale l'attività economica prevalente era la conceria e Montalcino disponeva di numerose fabbriche per la lavorazione del cuoio, fabbriche che erano celebri per la qualità dei loro prodotti. In seguito, com'è successo a molti centri abitati della provincia di Siena, anche Montalcino conobbe una gravissima crisi economica e demografica.
Come molti dei borghi medievali della Toscana, Montalcino ha vissuto lunghi periodi di pace che hanno consentito agli abitanti una certa prosperità. Questa pace e il relativo benessere, tuttavia, sono stati interrotti da una serie di episodi estremamente violenti.
Il 1º gennaio 2017 il comune di Montalcino ha accorpato quello di San Giovanni d'Asso. Con questa fusione il comune ha incrementato la sua superficie territoriale così da divenire il 35º comune più grande d'Italia per estensione, nonché il 5º della Toscana e il 1º della provincia di Siena.
#LuoghiColoriParole #Ascoltando

mercoledì 25 marzo 2020

#ParoleSuoniTerritori: Acquaviva Picena

Acquaviva Picena è un comune italiano di 3 740 abitanti della provincia di Ascoli Piceno.
Acquaviva Picena sorge su una collina che domina il paesaggio della valle del Tronto, a pochi chilometri di distanza dal Mar Adriatico e da San Benedetto del Tronto. Dall'elevazione medio-collinare della cittadina (359 m s.l.m.) è possibile scorgere, nei giorni di bel tempo, oltre alla più alta cima dei Sibillini (Monte Vettore), anche le più lontane montagne abruzzesi (Gran Sasso, Majella).
Il sito di Acquaviva fu abitato fin dalla preistoria, della quale ha restituito numerosi reperti soprattutto d'epoca picena, ma anche d'età romana
Quando i Piceni, che vi furono certamente insediati nel VI secolo a.C., restarono sottomessi a Roma, il territorio acquavivano conservò vitalità grazie alla vicinanza della città di Castrum Truentinum.
Ma fu con le invasioni barbariche che il colle vide la nascita di un vero e proprio insediamento urbano: l'arrivo di Longobardi e Saraceni indusse infatti le popolazioni costiere a riparare sulle circostanti alture. Il borgo fu in origine possedimento farfense (947), poi divenne feudo della famiglia degli Acquaviva (da cui il nome) che nel XIII secolo vi edificò una fortezza.
Risultato immagini per Acquaviva Picena
Inclusa nella legazione pontificia fermana, Acquaviva fu annessa con plebiscito al Regno d'Italia nel 1860. Nel 1799, durante la campagna napoleonica d'Italia, le forze antifrancesi capeggiate dal brigante Sciabolone l'avevano messa a ferro e fuoco distruggendo l'archivio comunale e con esso la fonte d'osservazione diretta della storia locale, la cui ricostruzione si basa principalmente su testimonianze esterne.
Risultato immagini per Acquaviva Picena

venerdì 14 febbraio 2020

Maria Corti, L'ora di tutti

L'ora di tutti è un romanzo della scrittrice italiana Maria Corti, pubblicato nel 1962, ispirato alle vicende della battaglia di Otranto, con la quale i Turchi espugnarono nel 1480 la città salentina, che all'epoca era uno dei porti più importanti della regione.
Il romanzo segue, con gli occhi e le parole di cinque personaggi coinvolti nella storia, il dipanarsi delle varie fasi della battaglia, dall'assalto alla valorosa resistenza alla resa finale. Il romanzo è quindi suddiviso in cinque racconti reciprocamente intrecciati. Ogni racconto è narrato in prima persona dai vari protagonisti, e sono legati a varie vicende (la battaglia contro il nemico comune, la difesa della propria città e dei propri valori, ecc.).
''Il soggetto è storico: la presa da parte dei Turchi, nel tardo Quattrocento, della cittadina pugliese d'Otranto. Ma io, più che il soggetto, lo chiamerei lo sfondo, tutt'altro che decorativo ma vivo e vero nel suo tumultuare di galeoni, di scimitarre e di bombarde, se non addirittura un felice pretesto, tanto per dar motivo alla mano, e soprattutto all'estro e al cuore, di muoversi e rappresentarci una delle più belle Romanze, nel senso antico e nobile della parola, da noi apparse: una storia la quale non tocca tanto l'epica esteriore dell'avvenimento, bensì, l'altra, quella molto più nascosta ed intima di Coloro, uomini e donne che ne furono i concreti protagonisti: gli Eroi, per tornare alle definizioni enfatiche, e i Martiri. La Corti, con l'udito fino di chi è mosso da amore, ha saputo ascoltare alcune di quelle 'antiche voci' (di quelle brillanti giovinezze, di quelle vite), del resto identiche alle figure d'oggi, e in altrettanti racconti in prima persona, concatenati dal motivo conduttore della battaglia, è riuscita a comporre uno spartito musicale tra i più affascinanti, dove l'intera Terra d'Otranto 'suona' vivissima non solo nella sua realtà storica di allora, ma in quella, anche geografica ed etnica, d'oggi e di sempre. Una Terra d'Otranto che appunto per la sua concretezza diventa poeticamente la terra delle passioni più vere, e dei più genuini sentimenti dell'intera umanità nostra.'' (Giorgio Caproni, La Nazione, 30 gennaio 1963)
Personaggi ai quali è dedicato un capitolo:
Il pescatore Colangelo, con moglie e figlio, che con i suoi compagni, era di guardia sulle mura difensive e sacrificò la propria vita nella difesa della città;
Il governatore di Otranto capitano Zurlo, anche lui morto nella battaglia;
la bellissima Idrusa, vedova di un pescatore otrantino, ragazza "selvaggia", come la definiscono i suoi concittadini, si uccide mentre cerca di salvare un bambino catturato da un soldato turco; questo personaggio rappresenta una delle figure femminili più famose e studiate della cultura e della tradizione letteraria salentina.
Nachira, morto decapitato insieme agli 800 Martiri di Otranto;
Aloise de Marco, che racconta della rinascita della città dopo la liberazione dai Turchi.
  • Personaggi minori:
  • don Felice Sancio Ayerbo d'Aragona, comandante delle truppe spagnole ad Otranto filosofo e sognatore;
  • Manuel Lopéz y Ròjo, Ufficiale spagnolo della guarnigione e amante di Idrusa;
  • Mastro Natale, capo dei pescatori e figura paterna e saggia a cui gli otrantini fanno riferimento.
  • Editore: Bompiani
  • Collana: Tascabili narrativa
  • Anno edizione: 2001
  • Formato: Tascabile
  • In commercio dal: 21 agosto 2001
  • Pagine: 368 p.
  • EAN: 9788845246357

Otranto. Domenica 16 febbraio 2020: Serpeggiare fra torri, grotte, baie e la cava di bauxite

Venne un giorno che alla svolta del sentiero della Palascìa la strinsi tanto fra le braccia da toglierle il respiro: alzò gli occhi verso di me e per la prima volta mi guardò in modo diverso, come se avesse capito
[L’ora di tutti, Maria Corti]
Risultato immagini per l'ora di tutti maria corti riassunto
Domenica 16 febbraio 2020
vi invitiamo a trascorrere una giornata conviviale andando a spasso lungo la costa idruntina.
L'immagine può contenere: oceano, cielo, nuvola, pianta, spazio all'aperto, natura e acqua
Alle 10e03 ci ritroveremo nei pressi della guardia costiera di Otranto per poi camminare fra campagna-mare per circa 6 km.
Dal porto di Otranto saluteremo la Torre del Serpe per poi arrivare alla “Baia delle Orte”. Sosteremo nel “boschetto delle Orte” e dopo ritorneremo al porto – sfiorando la cava di bauxite.
Risultato immagini per la torre del serpe otranto
Trascorreremo la mattinata pomeriggio passeggiando “senza fretta” e intessendo relazioni.
Pranzo autogestito a metà percorso.
Durante la pausa pranzo avrete la possibilità di praticare (ed approcciarvi) alla “Mindfulness” grazie alla Dott.ssa Valeria Caricato - Psicologa
Ognuno è invitato a portare libri e strumenti musicali. 
Indossare abbigliamento comodo.
Chi partecipa all'iniziativa solleva da qualsiasi responsabilità diretta o indiretta gli organizzatori della passeggiata.
L'iniziativa rientra nel progetto A scuola per restare.
Chi parteciperà all'iniziativa contribuirà ai prossimi progetti della scatola (A scuola per restare, rassegne civiculturali, archivio di memoria ed innovazione, libreria della scatola, pubblicazioni, ecc) donando soldini, entusiasmo, libri, letterine, cartoline, pensieri, segnalando persone e luoghi preziosi “da conoscere e custodire” nella scatola.
Grazie per l'entusiasmo 
e la collaborazione dell Associazione Hydro Otranto
Custodiamo storie e sensazioni dei paesaggi, paesini e paesani del Salento e del Meridione. Promuoviamo iniziative civico culturali

venerdì 10 gennaio 2020

Parma 2020 Capitale Italiana della Cultura; giornate inaugurali 11, 12 e 13 gennaio.

Parma nel 2020 sarà Capitale Italiana della Cultura. Costruiremo spazi e tempi di incontro e di dialogo, riconoscendo la ricchezza multiculturale della nostra storia trasformando con essa il nostro sguardo sull’oggi. Avremo il compito di suscitare cultura nei quartieri, di creare pensiero e benessere insieme a tutte le istituzioni e le associazioni della città, arrivando, con ogni sforzo, a coinvolgere ogni singolo cittadino. Lo faremo senza dimenticare che stiamo parlando all’Italia, che dobbiamo guardare sempre fuori dai nostri confini, perché Italia significa Europa e, di nuovo, il grande Tempo che ci ha portati fino a questo traguardo
Federico Pizzarotti, Sindaco di Parma
Michele Guerra, Assessore Cultura del Comune di Parma
Passeggiata Inaugurale - People of Parma
11 gennaio ore 16.00, Parco Ducale, qui si raduneranno tutte le energie della città, del territorio e dell'intera Nazione per sfilare insieme nel primo dei tre giorni dell'Inaugurazione, portando in corteo le parole di Parma 2020.
Cittadini, residenti, visitatori di ogni età e provenienza, tutti sono invitati a prendere parte alla Parata inaugurale di Parma 2020, che, portando in corteo le parole della cultura, celebra non solo questo straordinario anno da Capitale, ma la Cultura stessa.
I partecipanti, in gruppi o singoli, si ritroveranno alle 16.00 al Parco Ducale, per partire tutti insieme alle 16.30 alla volta di Via D'Azeglio e infine Piazza Garibaldi. Il corteo, accolto da artisti e accompagnato dalle bande, consegnerà i cartelli con le parole della cultura alla casa municipale, che le custodirà e ne promuoverà il valore grazie ad un cantiere d’arte e lettere che si svilupperà nei 12 mesi successivi.
Alle 17.30 il discorso del Sindaco e il lancio della composizione per Parma 2020 di Raphael Gualazzi e al termine uno spettacolo multimediale interattivo, di cui saranno protagoniste le parole della cultura e le persone in piazza, in un iconico dialogo partecipativo.
#inaugurazione
“24 capricci per violino solo” di Nicolò Paganini
Sabato 11 Gennaio | 21.00 - 23.00 | Auditorium Paganini
Concerto a cura di La Toscanini eseguito dalla Filarmonica Arturo Toscanini sotto la direzione di Roberto Molinelli, con Yury Revich al violino.
Time Machine. Vedere e sperimentare il tempo
Domenica 12 gennaio - Vernissage dalle 18:30 alle 19:30 presso il Palazzo del Governatore
Lunedì 13 gennaio  -  apertura gratuita straodinaria del Palazzo del Governatore in occasione dell'inaugurazione di Parma 2020
Time Machine esamina il modo in cui il cinema e altri media fondati sulle immagini in movimento hanno trasformato nel corso degli ultimi 125 anni la nostra percezione del tempo, attraverso una serie di tecniche di manipolazione temporale: dall'accelerazione al ralenti; dal fermo immagine al time-lapse; dalla proiezione a ritroso, al loop e alle infinite varianti di quella operazione cinematografica fondamentale che è il montaggio.
Cinema, video e videoinstallazioni proposte dunque come vere e proprie “macchine del tempo”, secondo tre diverse accezioni: come media capaci di registrare, archiviare e ripresentare fenomeni visivi e audiovisivi; come media che rendono possibili diverse forme di viaggio nel tempo; infine, come media che operano diverse forme di manipolazione temporale. È quindi un’esposizione legata a doppio filo al claim di Parma2020: la cultura batte il tempo
Nata da un’idea dell’assessore alla cultura di Parma, Michele Guerra, l’esposizione è curata da Antonio Somaini, professore di teoria del cinema, dei media e della cultura visuale alla Sorbona, con le esperte di cinematografia Eline Grignard e Marie Rebecchi.
Per maggiori informazioni visitare la pagina: Time Machine. Vedere e sperimentare il tempo
Parma è la Gazzetta. Cronaca, cultura, spettacoli, sport: 285 anni di storia
Lunedì 13 - dalle 16:00 alle 17:00 presso Palazzo Pigorini
Un viaggio attraverso i tre secoli di storia della "Gazzetta", il più antico quotidiano italiano pubblicato con continuità a partire dal 1735, e la parallela storia della città di cui porta il nome.
Una mostra prodotta da Gazzetta di Parma a cura di Claudio Rinaldi e Giancarlo Gonizzi
PETITE MESSE SOLENNELLE
13 gennaio 2020 ore 21 / Duomo di Parma
Petite Messe Solennelle di Gioachino Rossini
versione per soli, coro, pianoforte e harmonium
ARS CANTICA CHOIR
MARCO BERRINI, direttore
ALESSANDRO MARANGONI, pianoforte
MAURIZIO MANARA, harmonium
GEMMA BERTAGNOLLI, soprano
LILLY JøRSTAD, mezzosoprano
ALESSANDRO LUCIANO, tenore
BRUNO TADDIA, baritono
a cura di Società dei Concerti di Parma APS
Ingresso gratuito fino ad esaurimento posti.
Concerto offerto alla cittadinanza dal Comune di Parma in occasione di Parma Capitale Italiana della Cultura
https://parma2020.it/ 

mercoledì 1 gennaio 2020

L'abbazia di Monte Oliveto Maggiore #Toscana

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L'abbazia di Monte Oliveto Maggiore è un complesso monastico all'interno del comune di Asciano, sede dell'abate generale della Congregazione benedettina di Monte Oliveto ed è sede dell'abbazia territoriale di Monte Oliveto Maggiore
Seguaci dell'ordine dei benedettini, gli olivetani fondarono il loro monastero nel 1313. Il beato Bernardo Tolomei (1272-1348) costituì una comunità religiosa con il nome di Congregazione di Santa Maria di Monte Oliveto, sull'omonimo monte a metà strada tra Siena e Arezzo. Nel 1319 la fondazione ricevette l'approvazione dal vescovo di Arezzo Guido Tarlati e venne inserita nella regola benedettina; l'anno successivo iniziò la costruzione del monastero e nel 1344 la Congregazione olivetana ricevette la conferma da papa Clemente VI. I suoi membri si dedicavano principalmente alle arti al servizio della liturgia. A metà Seicento c'erano sei monasteri olivetani in Toscana.
Si accede al monastero tramite un palazzo medievale in mattoni rossi, raggiunto percorrendo un ponte levatoio e sovrastato da una massiccia torre quadrangolare dotata di barbacani e merlature. La costruzione di questo edificio, adibito a porta d'ingresso fortificata del monastero, fu iniziata nel 1393, per terminare nel 1526 ed essere poi seguita da un restauro nel XIX secolo. Sopra l'arcone d'ingresso è posta una terracotta smaltata, raffigurante la Madonna col Bambino circondata da due angeli, attribuita ai Della Robbia; nei pressi è posta un'altra terracotta robbiana, raffigurante San Benedetto benedicente.
Superato il palazzotto si imbocca un lungo e suggestivo viale di cipressi, lungo cui sono posti l'orto botanico della vecchia farmacia, distrutta nel 1896, una peschiera risalente al 1533 e alcune cappelle, quella della Madonna dell'Onigo, quella di San Benedetto, quella di San Bernardo Tolomei, quella di Santa Croce, quella di Santa Francesca Romana e quella di Santa Scolastica. In fondo al viale si trova il campanile, di stile romanico-gotico, e l'abside della chiesa che presenta una facciata gotica; nella zona absidale è stata collocata nel 2009 la statua di San Bernardo Tolomei, di Massimo Lippi. Da una porta situata a destra dell'ingresso della chiesa si accede al Chiostro Grande.
Dal chiostro di mezzo per una scala si accede al primo piano. Sulla prima rampa è posto l'affresco del Sodoma dell'Incoronazione di Maria; sulla seconda rampa l'affresco di ignoto raffigurante la Deposizione. Nel vestibolo dipinto ad encausto raffigurante Personaggi e fatti della Congregazione Olivetana di Antonio Müller di Danzica risalente al 1631 si ha una doppia scalinata di recente costruzione che permette l'accesso alla biblioteca.
La biblioteca. In fondo, la farmacia
La sala della Biblioteca, voluta dall'abate Francesco Ringhieri nel 1515, venne disegnata da fra Giovanni da Verona, che ne scolpì anche i capitelli in pietra serena, intagliò il portone di ingresso, l'armadio per i corali sulla parete di fondo e il candelabro ligneo del 1502, collocato in mezzo alla sala. Si tratta di un lungo ambiente diviso in tre navate, quella maggiore con volta a botte, le due laterali con volta a crociera, da un colonnato che sta in piedi nonostante nella stanza sottostante non ci siano colonne (vi è infatti il refettorio), poiché le colonne sono inclinate in modo da scaricare il peso sul muro portante.
La biblioteca monastica contiene 40.000 tra opuscoli, volumi e incunaboli, che tuttavia non sono quelli della originaria dotazione, andata dispersa dopo la soppressione dell'Ordine nel 1809, ma provengono dal soppresso monastero olivetano di Santa Maria di Monte Morcino Nuovo, presso Perugia.

Bandiera Arancione dal Touring Club Italiano 2024 | CANDIDATURE SONO APERTE FINO AL 30 APRILE

  Vorresti che il tuo Comune facesse parte della rete di piccoli Comuni eccellenti certificati con la Bandiera Arancione dal Touring Club It...