venerdì 12 novembre 2021

#Lebelleitalie. Il massiccio del Sirino - Basilicata

Il massiccio del Sirino è un massiccio montuoso della Basilicata che comprende alcune tra le maggiori cime dell'Appennino meridionale (Appennino lucano): Monte Papa (2005 m), Cima De Lorenzo (2004 m), Timpa Scazzariddo (1930 m) e Monte Sirino (1907 m), rappresentando l'estrema propaggine meridionale del Parco nazionale dell'Appennino Lucano Val d'Agri Lagonegrese.
La denominazione del massiccio prende il nome dalla vetta principale, che è superata in altezza solamente dal monte Papa.Il nome Sirino deriva a sua volta dal nome antico del fiume che vi nasce, Siris, l'attuale Sinni, la cui radice sanscrita sar significa scorrere, fluire. Alla foce del fiume, collegata al mar Ionio nel tratto costiero tra Policoro e Rotondella, anticamente era situata la città di Siris. Quando, nel V secolo a.C., fu vinta e distrutta dai tarantini, gli abitanti furono spinti nell'entroterra in direzione dell'alta valle del fiume, costituendo quei popoli sirini menzionati da Plinio che diedero poi il nome alla montagna.
Dall'aspetto imponente, ma compatto, il gruppo montuoso è situato a ridosso del mar Tirreno dominando il Golfo di Policastro, nella parte sud occidentale della regione Basilicata (comuni di Lagonegro e Lauria) a dominio delle valli solcate dai fiumi Noce, Sinni ed Agri.
Particolarmente ricche si presentano la flora e la fauna. Al di sopra dei 900 m fitti boschi di faggio si alternano a quelli di ontano (con le caratteristiche foglie cuoriformi), carpino, pioppo ed abete bianco; al di sotto di tale quota è l'habitat della quercia e del castagno.


Tra le specie animali in via d'estinzione è segnalata la presenza del lupo appenninico e del capriolo; tra i volatili, quella del gufo reale, dell'aquila reale, del falco pellegrino e del nibbio, con le due specie, bruno e reale. Piuttosto comuni sono i colombacci, le ghiandaie, i picchi rossi maggiori e i picchi verdi, le cornacchie grigie e i corvi imperiali.
Sul Sirino è presente un attrezzato comprensorio sciistico dove si può praticare sia lo sci alpino che lo sci di fondo. Il Comprensorio è servito da una seggiovia e da cinque moderne sciovie. A causa della posizione geografica favorevole, dell'abbondanza di precipitazioni nevose e dell'altitudine cui sono poste, le piste rimangono spesso aperte sino a primavera inoltrata. Soprattutto le due cime maggiori, il Papa e il Sirino, sono spesso meta di alpinisti ed escursionisti.
Sul Sirino è presente il Santuario della Madonna della Neve del Monte Sirino, molto venerata dai lagonegresi e dagli abitanti della Valle del Noce. it.wikipedia.org

"Trashed" from Skin's debut solo album, Fleshwounds.


martedì 2 novembre 2021

#Lebelleitalie. Giorgio Cagnotto - Tania Cagnotto

Cinque Olimpiadi da atleta, altrettante da commissario tecnico: basterebbe questo per comprendere il "peso" del valore di una leggenda come Giorgio Cagnotto. Assieme all'amico e rivale Klaus Dibiasi ha debuttato ai Giochi di Tokyo 1964, per poi passare attraverso Città del Messico 1968, Monaco 1972 e Montreal 1976, riportando a casa 2 argenti e un bronzo. E parte proprio da lì il racconto di Cagnotto, da quella che avrebbe dovuto essere l'ultima apparizione per entrambi: circostanze e concomitanze particolari fecero sì che il torinese decidesse di mettersi in corsa anche per Mosca 1980, chiudendo, allora sì, la sua carriera con un altro bronzo dal trampolino. Ma sempre assieme all'amico Dibiasi, passato nel frattempo a fare l'allenatore della Nazionale. Ruolo che poi proprio Cagnotto ha ereditato nel 2000 e che alla quinta Olimpiade da c.t. lo ha visto di nuovo sul podio, stavolta però come allenatore di sua figlia Tania.
La storia sportiva di Cagnotto, come quella già raccontata di Dibiasi e degli altri atleti protagonisti negli anni 60 e 70, è stata segnata dalla divisione Est-Ovest, dalla Guerra Fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica. E proprio al culmine di questo confronto, conseguente all’invasione sovietica dell’Afghanistan, i Paesi del Patto Atlantico decisero di boicottare l’edizione dei Giochi 1980 che era stata assegnata a Mosca. L’Italia prese una posizione netta: il Governo lasciò decidere se andare o no al Coni e agli atleti, ma i gruppi sportivi militari impedirono la partecipazione ai propri. Cagnotto andò e non tornò a mani vuote. ontheblue.it
Vive a Bolzano con la moglie Carmen Casteiner, anch'essa campionessa italiana di tuffi negli anni '70, con la quale ha avuto una figlia, Tania.
È l'unica donna italiana ad aver vinto una medaglia d'oro mondiale nei tuffi, oltre ad essere la tuffatrice europea con il maggior numero di podi in carriera. Alle Olimpiadi di Rio del 2016 si è aggiudicata la medaglia di bronzo dal trampolino di 3 metri e quella d'argento nel trampolino sincro in coppia con Francesca Dallapé.
Il 24 settembre 2016 sposa all'isola d'Elba Stefano Parolin, da cui ha due figlie: la primogenita Maya, nata a Bolzano il 23 gennaio 2018,[25][26] e la secondogenita Lisa, nata nella stessa città il 5 marzo 2021.

mercoledì 27 ottobre 2021

#Lebelleitalie. Il passo di Pampeago ai confini fra le province di Trento e Bolzano

Il passo di Pampeago (Reiterjoch in tedesco), (1.983 m), è un valico alpino fra la selva di Ega e la Cima di Valsorda, ai confini fra le province di Trento e Bolzano, nelle Dolomiti. Mette in comunicazione la val di Fiemme alla val d'Ega. Gli ultimi 2,5 km del versante meridionale sono stati asfaltati nel corso del novembre 2011 per il passaggio del Giro di Italia 2012. Sul versante meridionale si trova l'Alpe di Pampeago, mentre su quello settentrionale la frazione di Obereggen del comune di Nova Ponente. Entrambe le località sono connesse dagli impianti di risalita dello Ski Center Latemar.
Sull’Alpe di Pampeago, fra il rifugio Baita Caserina e il Monte Agnello, si estende il parco d’arte RespirArt. Un percorso di circa tre chilometri permette di ammirare le installazioni artistiche nella natura create da artisti di fama internazionale


Per ammirare un panorama sulla Val di Fiemme si raggiunge la croce del Cornon, passando per il Monte Agnello. www.visitfiemme.it

“RespirArt” è uno dei parchi d’arte più alti al mondo. Si estende a Pampeago lungo un percorso ad anello, fra le quote 2000 e 2200 m. Le sue installazioni artistiche dialogano con i pascoli e le guglie dolomitiche del Latemar, dichiarati Patrimonio Naturale dell’Umanità dall’Unesco. Fra le opere d’arte create da artisti di fama internazionale, quella di Hidetoshi Nagasawa, un vero e proprio gotha dell’arte.
Ogni estate, si affacciano nuove installazioni artistiche, fra concerti ed incontri letterari organizzati nel Teatro all’aperto del Latemar, di fronte a Baita Caserina. Alcune opere sono visibili anche d’inverno ai lati della pista da sci “Agnello” dello Ski Center Latemar.
Il gesto creativo di “lasciare andare” opere d’arte nella natura invita ad affidarsi ai mutamenti e, quindi, alla vita stessa che è continua trasformazione. Gli agenti atmosferici non rovinano le opere, tutt’altro, essi le completano, plasmandole e mutandone i colori. RespirArt invita a rilassarsi nella continua mutevolezza della natura.
Scopriamo le caratteristiche paesaggistiche e altimetriche dei versanti di Tesero (TN) e Ponte Nova (BZ) per affrontare al meglio il passo di Pampeago in bicicletta.
DOVE SI TROVA IL PASSO DI PAMPEAGO
Questo famoso quanto impegnativo passo dolomitico, che va da oggi ad aggiungersi al nostro database dedicato al Trentino in bicicletta, mette in comunicazione Val di Fiemme (provincia di Trento) e Val d’Ega (provincia di Bolzano) si trova nel Trentino Orientale. Lo abbiamo scoperto e percorso per la prima volta durante la Dolomitics24 (edizione del 2019) e da allora ci è rimasto particolarmente impresso per i suoi colori e la bellezza senza tempo del Latemar, formazione rocciosa dolomitica che sovrasta il passo e che potete ammirare in alcune delle foto di questo articolo. Altra caratteristica di questo luogo sono i suoi alpeggi: prati verdissimi a perdita d’occhio, dolci saliscendi alle pendici delle montagne e coloratissimi fiori sono un trittico che colpisce al cuore lo sguardo del visitatore che per la prima volta giunge in cima al passo. cyclinginlove.com

Alamo · Roberto Vecchioni

domenica 17 ottobre 2021

#Lebelleitalie. Marotta in provincia di Pesaro e Urbino

Marotta è una località balneare di 12 525 abitanti  situata nella provincia di Pesaro e Urbino il cui territorio è ripartito in due comuni: Mondolfo e, per una piccola parte, San Costanzo.
L'origine del nome Marotta si fa risalire al latino Mala Rupta o Mauri Rupta. Infatti secondo alcuni storici, a differenza di quanto sostenuto sino ad ora, nel 207 a.C. la battaglia tra Roma e Cartagine durante la seconda guerra punica che vide la sconfitta dell'esercito cartaginese e la morte di Asdrubale Barca, sarebbe stata combattuta nella vallata del Cesano anziché in quella del Metauro.
Il 17 novembre 1917 a seguito di un fortunale affondò a Marina di Montemarciano il pontone armato Cappellini, mentre si arenò a circa 100 m dal lido di Marotta il pontone armato Faà di Bruno della Regia Marina, entrambi destinati in seguito ai fatti di Caporetto alla difesa del porto di Ancona. L'equipaggio del pontone armato Faà di Bruno venne rifornita da undici giovani ragazze del piccolo borgo che, nonostante il mare burrascoso, a bordo di una piccola imbarcazione, lo raggiunsero e sbarcarono alcune damigiane, cibi caldi e cestini di frutta, e a queste cose unirono un biglietto che diceva: "Le spose di Marotta offrono ai marinai d’Italia un bicchiere di vino". Analoga attività venne replicata il giorno seguente.
Il 24 agosto 1919 le undici ragazze, protagoniste dell'eroico episodio vennero decorate con la medaglia di bronzo al merito della Marina, con la seguente motivazione: «Equipaggiarono una imbarcazione e riuscirono coraggiosamente, malgrado il forte vento e il mare grosso, a vincere i frangenti e rifornire di viveri una unità navale da guerra che trovavasi gettata alla spiaggia di Marotta dalla violenza del fortunale».
Gabriele d'Annunzio per ricordare l'eroico gesto avrebbe dettato la citazione per la originaria lapide commemorativa del gesto delle coraggiose giovani eretta nella piazza di Marotta:
«Picene di antiche origini eran già nel mito dell’età primeva ancor prima dell’evento che le vide agli scalmi impavide dominare la tempesta.»
Nel secondo conflitto mondiale, invece, trovandosi alle soglie della Linea Gotica, le azioni di guerra non risparmiarono la popolazione civile e si ebbero numerose vittime. I tedeschi in ritirata fecero saltare ponti, strade, la ferrovia di Marotta e i duelli delle artiglierie nemiche costrinsero la popolazione a nascondersi nei rifugi. 
Fino al 17 luglio 2014, la cittadina di Marotta era suddivisa in tre comuni: i due attuali più Fano. Per questo motivo, Marotta veniva a volte definita come la "Berlino dell'Adriatico" dalla stampa e dai politici locali. Questa sezione riporta i passi principali che hanno portato all'unificazione di Marotta nel comune di Mondolfo.
La prima documentazione disponibile è un cinegiornale dell'Istituto Luce del 15 maggio 1959, in cui viene esposta la "paradossale situazione amministrativa". A quel tempo si voleva ottenere l'autonomia di Marotta in un comune proprio.
«I 4000 di Marotta dipendono così da 3 sindaci, 2 vescovi, 2 direzioni didattiche, 2 dazi, 4 cimiteri. Morire in tutto il mondo è una circostanza fastidiosa, a Marotta è complicatissima»
(Cronaca con l'obbiettivo del 15 maggio 1959) it.wikipedia.org


sabato 16 ottobre 2021

#Lebelleitalie. Il Borgo Medievale di Dozza

Il Borgo Medievale di Dozza, uno dei “Borghi più Belli d’Italia”, si trova a sud di Bologna, a 6 km da Imola ed è posto sul crinale di una collina che domina la valle del fiume Sellustra e scende dolcemente verso la via Emilia.
Il suo centro storico, dalla caratteristica forma a fuso, conserva intatto l’originale tessuto edilizio di stampo medioevale, e la possente Rocca Sforzesca, posta all’apice del paese si armonizza perfettamente con il resto dell’abitato, che segue il tracciato delle antiche mura.
Successivamente trasformata nel signorile Palazzo Malvezzi Campeggi, la maestosa Rocca fu voluta da Caterina Sforza, che la riedificò alla fine del XV secolo sulle precedenti rovine di fortezze bolognesi del 1250 ca. I bolognesi Campeggi la trasformarono da edificio puramente militare in palazzo signorile sul finire del ‘500. La Rocca passò in seguito, per via ereditaria, alla famiglia Malvezzi-Campeggi che vi dimorò fino al 1960.
Da visitare gli appartamenti del piano nobile, il salone, i salottini e le camere da letto, la cucina, le prigioni, le stanze di tortura, i camminamenti sulle torri. Al secondo piano si trovano il Centro Studi e Documentazione del Muro Dipinto e la Collezione Mascellani, mentre i sotterranei ospitano l'Enoteca Regionale dell' Emilia Romagna.
Nel centro storico, al quale danno colore e atmosfera i muri dipinti, meritano inoltre una visita la Chiesa prepositurale di S. Maria Assunta in Piscina, edificata nel XII sec. sui resti di una precedente chiesa romanica - contiene una tavola del 1492 di Marco Palmezzano, il Rivellino, dentro il quale è ricavata la porta settecentesca di accesso al borgo, e la Rocchetta di origini trecentesche. emiliaromagnaturismo.it
Dozza (Dòza in romagnolo) è un comune italiano di 6 629 abitanti della città metropolitana di Bologna in Emilia-Romagna, composto da due paesi: Toscanella (La Tuscanèla in romagnolo, oltre 5 000 abitanti), l'unica frazione, e il capoluogo comunale Dozza (poco più di mille abitanti). Dozza è considerato uno dei più caratteristici borghi medievali dell'Appennino tosco-romagnolo, sia per lo stato di conservazione sia per il paesaggio nel quale è immerso. Il capoluogo è detto anche Dozza Imolese per distinguerlo dalla borgata di Bologna. Fa parte del Nuovo Circondario Imolese.
Il toponimo Dozza deriva dal latino medievale ducia (doccia, docciola, doccione); l'etimologia è quella di "condotto", o canale che conduce acqua. Nei documenti medievali compaiono alternativamente i toponimi Ducia e Dutia. Il nome potrebbe anche essere un riferimento a un antico acquedotto capace di accumulare acqua dal Monte del Re in una cisterna per far fronte ai periodi di siccità.
Lo stemma cittadino presenta in primo piano un grifone rampante, animale araldico, che si disseta con l'acqua che fuoriesce da una conduttura.

sabato 25 settembre 2021

#Lebelleitalie: L'eremo di Camaldoli edificio religioso situato nei pressi dell'omonima località, in provincia di Arezzo.

L'eremo di Camaldoli è un edificio religioso situato nei pressi dell'omonima località, in provincia di Arezzo, diocesi di Arezzo-Cortona-Sansepolcro a circa 1 100 metri s.l.m., all'interno del parco nazionale delle Foreste Casentinesi, Monte Falterona e Campigna. Fondato da san Romualdo nei primi anni dell'XI secolo, casa madre della Congregazione benedettina dei camaldolesi, è vicinissimo al confine amministrativo tra la provincia toscana di Arezzo e quella romagnola di Forlì-Cesena, a circa 45 km da Arezzo e 80 km da ForlìSan Romualdo aveva fondato molte comunità eremitiche. Attorno al 1012 giunse fra il Pratomagno e il Monte Falterona in mezzo alle foreste casentinesi e decise di fondare un eremo in una radura detta Campo di Maldolo (Campus Maldoli).
Incoraggiato dal vescovo di Arezzo Teodaldo, sotto la cui giurisdizione si trovava quella località, vi eresse 5 celle e un piccolo oratorio dedicato a san Salvatore Trasfigurato ovvero il primo nucleo dell'eremo. Successivamente furono aggiunte 15 celle al nucleo originario della struttura.
La biblioteca nell'Eremo di Camaldoli era esistente già nell'XI secolo, epoca in cui i monaci camaldolesi si dedicarono alla divulgazione della riforma del canto liturgico, realizzata dal loro confratello Guido d'Arezzo. La biblioteca era ordinata al fine di condurre il monaco a rivivere in sé il cammino ascetico indicato da San Romualdo.
Nel 1510 la biblioteca raccoglieva migliaia di pergamene. Prima delle soppressioni napoleoniche del 1810, all'interno della biblioteca erano conservati oltre 7000 libri stampati, 400 codici e oltre 700 incunaboli. In quell'anno e nella successiva soppressione del 1866, la biblioteca venne spogliata dei suoi beni successivamente divisi tra la Biblioteca Nazionale di Firenze, la Biblioteca Laurenziana, la Biblioteca Civica di Arezzo e la Biblioteca Rilliana di Poppi. Il materiale archivistico, comprensivo di oltre 500 pergamene, venne trasferito presso l'Archivio di Stato di Firenze. Attualmente, il deposito dei libri si sta lentamente ricostruendo, comprendendo oltre 500 testi.
L'ambiente che raccoglie la biblioteca venne realizzato nel 1622. È dotato di scaffali lavorati sobriamente e il soffitto è decorato da 27 tele che raffigurano gli apostoli Pietro e Paolo, gli Evangelisti, San Benedetto e San Romualdo, i Padri della Chiesa Occidentale e Orientale e i maggiori pensatori dell'Ordine Benedettino. Attorno all'Eremo si sviluppa la Riserva biogenetica di Camaldoli, gestita dal Corpo Forestale dello Stato, ma alla cui cura hanno provveduto per molti secoli i monaci camaldolesi, che si occupa in particolare di Abetine di abete bianco. La riserva si estende fino alla Foresta della Lama, oggi in territorio romagnolo. Molto importante anche la presenza della fauna, tra cui si segnalano quattro specie di ungulati: cervo, daino, capriolo e cinghiale, oltre al loro predatore naturale, il lupo. Abbondante anche la fauna ornitica (picchio maggiore, cince, allocco, poiana, ecc.) e i mammiferi minori (scoiattolo, ghiro, ecc.). Sono presenti anche aree umide dove si sono insediate importanti specie di anfibi quali il tritone e la salamandrait.wikipedia.org 

lunedì 9 agosto 2021

#NarrazioniOlimpiche Tokyo 2020, #Storie: Luigi Busà, Il “Gorilla” è d'oro

Il “Gorilla” è d'oro! Al Nippon Budokan, tempio delle arti marziali, Luigi Busà regala all’Italia il primo oro olimpico nel karate kumite – 75 kg. Dopo il bronzo nel kata vinto da Viviana Bottaro, l’Italia Team conquista così un’altra storica medaglia anche nella specialità del karate che è entrato nel programma olimpico a Tokyo 2020. L’azzurro ha vinto in finale 1-0 sull'azero Rafael Aghayev
«È stata una figata pazzesca, sono felicissimo non solo per me, ma per tutto lo staff», le prime parole di un incontenibile Busà. «Davvero, mi sembra di non capire più niente, è stato un percorso incredibile. Sono contento per tutto il karate italiano. È bellissimo vincere qui alle Olimpiadi ed è un risultato che arriva alla fine di un anno difficilissimo, un giorno ve lo racconterò». E dopo la sofferenza, l'urlo, liberatorio: «Mamma ce l'ho fatta!». Una gioia, che poi, passato qualche minuto, lascia spazio alla consapevolezza di aver fatto qualcosa di grande: «Sono quasi trentaquattro anni che aspetto questa notte, infatti non devo dormire. Si è fatta attendere, ma è bellissima. Sognavo da sempre di portare Avola in festa», continua Busà.
«All'inizio stavo bene, ma nel primo incontro non mi ero espresso benissimo, poi mi sono ripreso. La semifinale è stata grandiosa, la finale poi, è stata qualcosa di magico. Se è un sogno lasciatemi sognare». Il successo più bello, quello di Tokyo, per il karateka italiano rappresenta il compendio degli enormi sacrifici fatti. Perché per il campione di Avola che oltre al titolo olimpico può contare su un palmarès straordinario con due ori mondiali (Tampere 2006 e Parigi 2012), tre argenti (Belgrado 2010, Brema 2014 e Madrid 2018), un bronzo (Linz 2016) e quindici medaglie europee (cinque ori, due argenti ed otto bronzi) 
il viaggio è partito da molto lontano. : «È cominciato tutto come un gioco, all'inizio ero un ragazzo obeso, chi poteva pensare alle Olimpiadi? Ero molto ciccione, mi piaceva mangiare, a 13 anni pesavo 94 chili, ed ero più basso di adesso - racconta Luigi -. Solo mio padre vedeva in me qualcosa di speciale, lui è stato atleta». L'unica nota stonata nella festa del karate azzurro? Pensare che ai Giochi di Parigi 2024 non sarà disciplina olimpica. www.liberoquotidiano.it

domenica 8 agosto 2021

Antonella Palmisano ORO nella 20 km di marcia femminile a TOKYO 2020

Al Sapporo Odori Park sventola solo il tricolore: la marcia azzurra è da impazzire. Antonella Palmisano ha vinto l'oro nella 20 km femminile, bissando l’exploit realizzato ieri da Massimo Stano. L’atleta italiana ha confezionato un’impresa pazzesca, grazie a un’azione insistita e autorevole che ha demolito progressivamente le certezze avversarie, con lo strappo decisivo a 5 km dal traguardo. La Palmisano ha trionfato in 1:29:12, davanti alla colombiana Arenas, 1:29:37, e alla cinese Liu, bronzo in 1:29:57. Il 6 agosto è una data scritta nel destino della neo olimpionica: proprio oggi, infatti, festeggia il suo 30° compleanno, celebrato con l'emozione sportiva più bella di sempre. Antonella aveva chiuso ai piedi del podio la sua precedente partecipazione olimpica a Rio 2016.
Antonella Palmisano dalla pallavolo all'oro olimpico nella marcia per festeggiare il compleanno. L'azzurra, che ha vinto la medaglia d'oro nella 20 km a Tokyo 2020, oggi compie 30 anni e festeggia nel migliore dei modi. L'atleta pugliese, nata in provincia di Taranto nel 1991, fino al 2003 ha giocato a pallavolo. Poi, come ricorda la Fidal, si è convinta a praticare la marcia con un gruppo di ragazzi guidati a Mottola dal tecnico Tommaso Gentile. Nel suo ricco palmarès giovanile brilla la vittoria in Coppa del Mondo juniores - risultato senza precedenti per un’azzurrina - a Chihuahua nel 2010. Dal 2012 si è trasferita a Roma sotto la guida di Patrizio Parcesepe, tecnico delle Fiamme Gialle. Si è piazzata a ridosso del podio nei Mondiali di Pechino 2015 (quinta) e poi ai Giochi olimpici di Rio 2016 (quarta) nonostante una stagione condizionata da un infortunio al tibiale destro. Nel 2017 ha stabilito il record nazionale nei 10.000 su pista (41'57''29) e ha vinto la 20 km in Coppa Europa a Podebrady prima del bronzo ai Mondiali di Londra con 1h26:36, seconda azzurra di sempre, migliorandosi di oltre un minuto. Un altro bronzo agli Europei di Berlino, nel 2018, prima del matrimonio in settembre con Lorenzo Dessi, a sua volta specialista azzurro del tacco e punta. Nel 2020 è diventata primatista italiana nei 10 km su strada con 41:28 a Modena e nel 2021 ha conquistato il successo per la seconda volta negli Europei a squadre, di nuovo a Podebrady.


Curiosità: gareggia con un colorato fiore di feltro in testa, realizzato dalla mamma. E oggi, come regalo di compleanno, è arrivato l'oro olimpico. www.adnkronos.com
Dal 2012 si è trasferita a Roma sotto la guida di Patrizio Parcesepe, tecnico delle Fiamme Gialle. Si è piazzata a ridosso del podio nei Mondiali di Pechino 2015 (quinta) e poi ai Giochi olimpici di Rio 2016 (quarta) nonostante una stagione condizionata da un infortunio al tibiale destro. Nel 2017 ha stabilito il record nazionale nei 10.000 su pista (41'57''29) e ha vinto la 20 km in Coppa Europa a Podebrady prima del bronzo ai Mondiali di Londra con 1h26:36, seconda azzurra di sempre, migliorandosi di oltre un minuto. Un altro bronzo agli Europei di Berlino, nel 2018, prima del matrimonio in settembre con Lorenzo Dessi, a sua volta specialista azzurro del tacco e punta. Nel 2020 è diventata primatista italiana nei 10 km su strada con 41:28 a Modena e nel 2021 ha conquistato il successo per la seconda volta negli Europei a squadre, di nuovo a Podebrady. Curiosità: gareggia con un colorato fiore di feltro in testa, realizzato dalla mamma. E oggi, come regalo di compleanno, è arrivato l'oro olimpico.

Mottola comune italiano della provincia di Taranto in Puglia.

Mottola, già Motula  è un comune italiano di 15 378 abitanti della provincia di Taranto in Puglia.
«Da l'alto de la vetta guarda, come da un grande balcone aperto, lo splendore azzurro del golfo di Taranto. Il viaggiatore che passa di lontano, scorge sul colle che si eleva sulla vasta pianura, le sue case bianche ed appollaiate. La dicono, la spia delle Puglie»
(Michele Lentini)
Mottola, situata nella parte sud della Murgia, sorge su una collina di 387 m s.l.m., a ridosso del Mar Ionio. Il suo territorio raggiunge circa i 70 m s.l.m. di altezza minima e i 506 m s.l.m. di altezza massima. Il territorio comunale confina a nord con Noci, a nord-ovest con Gioia del Colle, a nord-est con Alberobello e Martina Franca, a ovest con Castellaneta e a sud-est con Massafra, a sud con Palagiano e Palagianello. Il territorio di Mottola è caratterizzato dalla presenza di gravine, di boschi (di pino o di quercia) e anche di zone con macchia mediterranea spontanea.
La collina di Mottola ha visto il suo territorio e l'agglomerato urbano interessati da ininterrotte frequentazioni umane sin dalla preistoria, come ha dimostrato il ritrovamento, nel 1899, di un ripostiglio di bronzi risalenti all'Età del Ferro. La presenza umana sulla collina durante il I millennio a.C. si desume da una collezione di bronzi (attualmente conservata nel Museo Nazionale di Taranto) recuperata nel 1899, durante lo scavo delle fondamenta di Palazzo D'Onghia (oggi tra via Mazzini e via D'Acquisto).
Coinvolta nel processo di consolidamento del territorio e dei confini del thema di Longobardia in funzione strategico-militare, venne edificata dal catapano d'Italia Basilio Boioannes nel 1023.[6] Il castellum di cui parlano le fonti venne costruito su commissione del Boioannes dai due capi saraceni Rayca e Saffari. Altra testimonianza del castello risale al 1063, secondo il Breve chronicon Northmannicum.
 Questa notizia sembra suggerire una distinzione tra un insediamento fortificato (castrum) e un edificio castellare (castellum), tale per cui si dovrebbe supporre l'esistenza di una struttura castellare, separata da un insediamento fortificato, che sarebbe quello edificiato da Boioannaes in funzione antisaracena. Non è inoltre chiara la distinzione tra l'insediamento fortificato della metà dell'XI secolo e il villaggio rupestre situato presso la gravina di Petruscio (a 3 km dall'abitato), che potrebbe essere stato popolato tra IX e XI secolo nell'ambito di un processo di recupero e ricolonizzazione della regione pedemurgiana, determinata dalla conquista bizantina dopo la cacciata dei saraceni (876, conquista di Bari). Deve ritenersi spuria la notizia seconda la quale nel 1102 sarebbe stata distrutta a causa del malgoverno del cancelliere tarantino Muarcaldo durante il principato di Boemondo. Durante la dominazione normanna risulta già sede vescovile e lo sarà fino al 1818, quando fu soppressa per effetto del nuovo Concordato tra Pio VII e Ferdinando I di Borbone e aggregata a Castellaneta. Fu poi sotto la dominazione sveva, angioina ed aragonese. Nel 1653, con atto rogato dal notaio Giovanni Angelo Durante di Napoli, il feudo di Mottola fu venduto a Francesco Caracciolo VII duca di Martina, alla cui casata rimase sottomesso sino alle leggi eversive dei feudi del 1806. Con la Restaurazione, Mottola seguì le vicende proprie del Risorgimento nazionale, soffrì l'azione eversiva del brigantaggio e partecipò al processo di riorganizzazione politico-sociale, per il proficuo raggiungimento di una nuova fisionomia amministrativa, economica e culturale. Nel 1887 fu edificato l'attuale Palazzo Municipale, con facciata in stile neoclassico, consta di circa 70 stanze distribuite su 3 livelli attorno ad uno spazioso atrio interno (ove d'estate si svolgono eventi culturali); si affaccia sulla grande "Piazza XX Settembre" contornata da una fitta fila di alberi ornamentali di rovere. La pavimentazione evidenzia otto grandi mosaici ottagonali, realizzati in materiali lapidei e smalti vitrei, che illustrano altrettanti avvenimenti storici o leggendari della città medievale 
Sono presenti tre gruppi di musica folkloristica, "Motl la fnodd" (iscritto alla Federazione Italiana Tradizioni Popolari - www.motllafnodd.it), Il Canzoniere mottolese (associato alla F.A.F. It. - Federazione Associazioni Folkloriche Italiane) che con i loro spettacoli e le loro ricerche musicali mantengono viva la storia locale attraverso la presentazione delle figure tipiche e dei 'personaggi' della cultura contadina, i modi di dire e, naturalmente, il dialetto mottolese; e i Terraròss che nel luglio 2011 hanno ricevuto la nomina di gruppo folkloristico ufficiale della Provincia di Taranto. Esiste una marcia sinfonica intitolata Mottola, scritta dal Maestro Semeraro 

Parco Nazionale della Majella | #maiellageopark

Alessandro ed Enzo Pizzoferrato hanno molto contribuito, da volontari del Servizio Civile Universale, alla definizione del tracciato tra L&...