martedì 6 maggio 2025

Il passo Furcia è un valico alpino delle Dolomiti

Il passo Furcia è un valico alpino delle Dolomiti posto a 1.789 m s.l.m., fra il comprensorio sciistico di Plan de Corones e il Piz da Peres, al margine del Parco naturale Fanes - Sennes e Braies. Il passo congiunge la val di Marebbe e San Vigilio di Marebbe con Valdaora in val Pusteria ed è situato sul confine linguistico tra le aree germanofone e ladine in Alto Adige.

La strada del passo è lunga 19 km, con un dislivello di 744 metri, una pendenza del 12%, con punte del 15%. La strada ha attirato ben per 7 volte il Giro d'Italia (1981, 1994, 1997, 2004, 2006, 2008, 2010), la "Transalp" (attraversamento delle Alpi in bici), e tanti altri appassionati di bici, che dal passo possono provare ad affrontare anche la famosa salita verso il Plan de Corones.

Dal passo Furcia partono escursioni verso il Plan de Corones e il Piz da Peres; esiste anche un impianto di risalita che porta alla cima del panettone di Plan de Corones. In inverno è collegato direttamente con San Vigilio di Marebbe attraverso una pista. Al passo arriva la pista da sci "Pré da Peres" e la "Furcia 9" dal Plan de Corones. Al passo si trovano due laghetti come riserva d'acqua per l'innevamento artificiale, un laghetto scavato nel 2003 e uno scavato nel 2013.

Al passo Furcia non c'è un ristoro in forma di una baita o un rifugio, bensì un hotel (con bar pubblico) e un ristorante: in inverno sotto forma di "self service" e in estate vengono servite delle portate semplici agli escursionisti, ciclisti, motociclisti e gente di passaggio.

If I'm Dreaming My Life · David Bowie

sabato 19 aprile 2025

Manziana - RM | Il bosco Macchia Grande

Il bosco Macchia Grande (in latino silva Mantiana) è un'ampia area boschiva (circa 580 ettari) situata nella provincia di Roma, a sud di Canale Monterano, a sud-ovest di Manziana e a nord-ovest di Bracciano. Circa un chilometro a sud del bosco è presente il monumento naturale Caldara di Manziana, che anticamente era parte integrante dello stesso bosco.

La specie dominante del bosco è il cerro, presente con alcuni enormi esemplari secolari, seguito dalla farnia. Sono inoltre riconoscibili imponenti aceri selvatici, nespoli e carpini, ma anche estese zone di castagni e betulle. Alcune di queste specie sono oggetto di un programma di protezione, motivo per cui, insieme alla grande rilevanza della biodiversità presente, il bosco è stato inserito nell'elenco dei siti di interesse comunitario del Lazio.

Il territorio di Manziana e di Canale Monterano era consacrato dagli Etruschi al dio dell'oltretomba Manth (in latino Mantus): da questo prendeva il nome la silva Mantiana, grande area boscosa che dominava le colline ad occidente del lago di Bracciano, di cui il bosco Macchia Grande è l'unico settore che ancora si conserva. L'associazione tra il bosco ed il dio degli Inferi Manth derivò probabilmente dall'aspetto tetro ed impenetrabile della foresta e dalla presenza diffusa di polle di acqua sulfurea, anticamente considerate una emanazione del mondo sotterraneo. it.wikipedia.org

Il bosco Macchia Grande di Manziana con i suoi 580 ettari di superficie costituisce una delle realtà boschive più interessanti nella zona a Nord di Roma. Situato a 2 Km a Sud-Ovest dell’abitato di Manziana e a 5 Km a Ovest, Nord-Ovest di Bracciano, si integra perfettamente nello scenario di grande splendore naturalistico offerto dal cratere del lago di Bracciano.
Più che per la sua estensione, il bosco Macchia Grande colpisce il passante e il visitatore per la maestosità dei suoi alberi. La presenza predominante di piante di Cerro adulte e mature cala immediatamente il visitatore in una dimensione inusuale restituendo quasi per incanto la sensazione antica, eppure familiare, del contatto diretto con la natura. La presenza del bosco Macchia Grande nel territorio di Manziana è il risultato di un complesso di fattori naturali che hanno finito per imporsi alle scelte dell’uomo, anche se la presenza e l’azione di quest’ultimo nel corso dei secoli ha a sua volta fortemente influenzato la struttura del bosco e la composizione dell’insieme delle specie vegetali naturalmente adatte alle condizioni pedo-climatiche del territorio.
Nell’ultimo decennio, un graduale fenomeno di deperimento del soprassuolo dominante si è reso manifesto sulla superficie del Bosco di Macchia Grande. Nell’arco di pochi anni un numero rilevante di individui arborei adulti, sia in gruppo che in modo isolato, sono morti. Il fenomeno tende ad intensificarsi manifestando i suoi effetti su aree sempre maggiori e con intensità oramai preoccupante.
Per questa ragione l’Università Agraria di Manziana, ha deciso di finanziare al Dipartimento di Protezione delle Piante dell’Università della Tuscia di Viterbo e allo studio professionale AGRIFOLIA, una ricerca finalizzata all’individuazione delle cause scatenanti il fenomeno di deperimento e all’indicazione delle linee di intervento per arginarlo. www.agrariamanziana.it
Il percorso collega il Bosco di Macchia Grande di Manziana con il Monumento Naturale della Caldara di Manziana.
Macchia Grande ha già una propria rete sentieristica tabellata (sentieri A-B-C e D) e quindi dall'ingresso Principale della Macchia si percorrerà il sentiero D (denominato sentiero dei Fontanili) fino ad arrivare al cancello in ferro. Da li si troveranno le indicazioni del Sent. 262b fino al parcheggio della Caldara.
Il percorso è tutto su fondo battuto (tranne circa 200 m di asfalto). 

venerdì 18 aprile 2025

Isola del Gran Sasso d'Italia - Teramo | Santuario di San Gabriele dell'Addolorata

Il santuario di San Gabriele dell'Addolorata è un santuario della Chiesa cattolica che si trova ai piedi del Gran Sasso d'Italia, nel comune di Isola del Gran Sasso d'Italia, in provincia di Teramo (Abruzzo). Il complesso comprende 4 strutture principali:

  • il convento, che ospita la sede dei Passionisti, dove nel 1862 morì san Gabriele dell'Addolorata;
  • la chiesa antica;
  • il nuovo santuario del 1970 in cemento armato, vetro ed acciaio, che in genere viene aperta nei giorni festivi per accogliere l'alto numero di pellegrini (può contenere tra le 5 e le 6 000 persone);
  • la sede del periodico Eco di San Gabriele, rivista mensile collegata all'attività del santuario.

La chiesa antica

Verso il 1215, san Francesco d'Assisi fondò un convento per il suo ordine francescano, nel comune di Isola del Gran Sasso d'Italia, dove rimase fino al tempo delle soppressioni napoleoniche; tale convento è l'attuale Santuario di San Gabriele.

A quanto sembra il santo di Assisi, di ritorno da Roma, venne invitato a mettere pace tra alcune famiglie che si contendevano la proprietà di una chiesa che incideva sulle rispettive proprietà. La piccola Chiesa era in effetti posta sui confini tra Isola di Penne (oggi Isola del Gran Sasso), Trignano e Colledara. Le famiglie, in questione, ammirate del poverello di Assisi pensarono di fargli dono della Chiesa e di un po' di terra attorno alla medesima, togliendo così di fatto il motivo del contendere. Probabilmente nel 1216, iniziò la costruzione di un convento e legato alla chiesetta preesistente. Nel 1809 il convento fu abbandonato dai seguaci di san Francesco, in seguito alla soppressione degli ordini religiosi del periodo napoleonico.

Successivamente la comunità di Isola di Penne, nella persona del sindaco di allora, chiese ai Passionisti di occupare il convento. Questi, partendo da l'Aquila, vennero a predicare una missione nel piccolo centro, quindi visionarono la struttura e presero gli accordi necessari. La prima comunità passionista nel convento si insediò nel 1847. Il giovane Gabriele dell'Addolorata sarebbe arrivato in questo "ritiro" solo nel 1859. La chiesa antica fu quindi oggetto di due successivi lavori di ampliamento: nel 1908 e nel 1920 in corrispondenza cioè della beatificazione e della successiva canonizzazione del santo.

Il portale dell'antica chiesa, che reca l'iscrizione della dedica (Alla vergine Immacolata, San Tommaso, San Francesco, San Cassiano e altri) è stata traslata nel chiostro dove è conservata con l'iscrizione "Porta della Chiesa dal 1590 al 1908". È infatti interessante osservare che la chiesa già a quel tempo fosse dedicata alla Immacolata Concezione di Maria visto che il dogma non sarebbe stato proclamato che oltre due secoli e mezzo dopo, nel 1854.

Dell'originario edificio oggi restano solo: il "Pozzo di San Francesco", la "Scala San Gabriele" (dietro l'antico refettorio, oggi sala capitolare dei religiosi) e, nel chiostro con portali in pietra del XVI secolo, una serie di affreschi del XVII secolo che raffigurano scene della vita di san Francesco.

Nella Chiesa antica è ancora visibile la "tomba" (o luogo della sepoltura) in cui il corpo del santo riposò tra il 1862 e il 1892. I resti mortali del santo invece, dal 1914 sono posti in un'urna le cui fattezze richiamano quelle del santo nella postura denominata "del riposo del giusto" disteso, ma sveglio e orante. La teca contenente l'urna, anticamente posta in una cappella circolare all'interno del vecchio santuario, è stata successivamente traslata nella cripta del nuovo santuario.

La cripta e i confessionali della nuova chiesa sono stati benedetti da Papa Giovanni Paolo II il 30 giugno 1985, essendo la Chiesa ancora oggetto di lavori. La dedicazione del nuovo santuario si è celebrata infine nel 2014, il 21 settembre.

Nel luglio del 1929 papa Pio XI aveva elevato il vecchio santuario alla dignità di basilica minore. it.wikipedia.org

martedì 15 aprile 2025

Abruzzo | Crecchio - CH

Crecchio è un comune italiano di 2 603 abitanti della provincia di Chieti in Abruzzo. Il paese conserva l'aspetto di un piccolo borgo medievale dominato dal castello ducale.

Il comune di Crecchio è compreso all'interno della zona collinare che si estende dalla costa adriatica fino al limite della fascia pedemontana della Maiella. Nella parte nord-occidentale il territorio è solcato dal fiume Arielli e dal torrente Rifago che, nel loro corso, hanno delimitato ed isolato il colle su cui sorge il centro storico. Nella parte orientale il terreno digrada dolcemente verso la valle del Moro. Non mancano alcune aree pianeggianti, in particolare in prossimità della Strada Provinciale (ex SS 538) “Marrucina” (località Pietra Lata, Casone e Macchie), nelle zone di Fonte Roberto e Ciaò (comprese tra Villa Mascitti e Casino Vezzani), nei dintorni di Villa Tucci (Padule, Pozzo e Capo Lemare) ed a Santa Maria Cardetola. La pendenza diminuisce progressivamente da SW a NE. L'altimetria varia da un minimo di 86 m s.l.m., misurata nella valle dell'Arielli in località Piano di Morrecine (nella parte settentrionale del Comune), ad un massimo di 276 m s.l.m., registrato nei pressi della vecchia stazione ferroviaria (al confine con il comune di Arielli). La casa comunale è situata a 209 m s.l.m..

La quasi totalità del territorio comunale presenta strati di ciottolame poligenico con lenti di sabbie giallastre e argille grigio-verdognole, originari del Pleistocene Marino. Lungo le valli dell'Arielli e del torrente San Giorgio sono presenti ghiaie, sabbie, limi torrentizi e fluviali risalenti all'Olocene. La valle del Moro è caratterizzata da depositi di sabbie e arenarie giallastre di origine Pleistocenica; diffusi risultano detriti di falda, coperture detritico-colluviali del Pleistocene medio superiore – Olocene, depositi alluvionali e deltizi attuali. Il territorio, nella sua parte centrale e sud-orientale, è inoltre attraversato da alcuni terrazzi morfologici che separano le zone sabbiose da quelle di materiale più grossolano.

Il territorio, intensamente coltivato, presenta una copertura boschiva varia e frammentata; in particolare i luoghi in cui la vegetazione appare più rigogliosa, sono i valloni scavati dai torrenti locali, e formanti il sistema, tipico della collina abruzzese, delle cosiddette “valli a pettine”. In queste zone dove affiorano strati di travertino, predominano specie vegetali riparie quali il carpino nero, l'orniello, il nocciolo ed in particolare l'alloro. Vicino ai corsi d'acqua, dove è facilmente avvistabile il granchio di fiume, sono diffuse varie specie di salice e di pioppo. Ai margini della macchia mediterranea è possibile notare alcune specie che afferiscono alle garighe come l'ampelodesmo e i cisti, mentre nelle zone meno asciutte è presente la canna di Plinio. Rilevante è anche la presenza della robinia che, inizialmente introdotta dall'uomo, si è poi diffusa spontaneamente. Sui colli la vegetazione è costituita soprattutto dalla roverella, a cui si accompagno sorbi, aceri, olmi, carpini e lecci. Tra i lembi boschivi è facile imbattersi nel ciclamino primaverile, la primula, il garofano, la campanula e l'anemone dell'Appennino; rara invece è la presenza dell'orchidea selvatica. I nuclei forestali rappresentano anche un importantissimo rifugio ed habitat per molte specie faunistiche. Tra l'avifauna si segnala la presenza di due specie di rapaci: la poiana e lo sparviero; comuni sono anche lo scricciolo, il merlo, il picchio rosso e verde; è facile imbattersi in cinciallegre, fringuelli, tordi, usignoli, upupe, tortore e cuculi. Tra i mammiferi è possibile trovare i classici abitanti del sottobosco: la faina, il tasso, la donnola, la volpe e puzzola, insieme ad altri piccoli roditori del bosco.

La tradizione vuole che in antichità gli abitanti di Crecchio fossero stanziati nella frazione di Santa Maria Cardetola, a poca distanza dall'attuale centro abitato. Sporadici ritrovamenti, fra cui quello di una dea madre riferibile al paleolitico superiore, frammenti di ossidiana e selci lavorate, confermano la presenza dell'uomo sulle colline di Crecchio fin dall'epoca preistorica. I rinvenimenti di fondi di capanne dell'età del ferro, attestano inoltre una discreta produzione ceramica intorno al IX secolo a.C. 

Il 9 settembre 1943, Crecchio ed il castello furono scenario di importanti eventi della storia d'Italia: nella loro fuga verso Brindisi, sostarono nel castello il re Vittorio Emanuele III, la Regina, il principe Umberto, Badoglio e l'intero Stato Maggiore. Qui si decisero le sorti della Monarchia Sabauda. Il principe Umberto era già stato altre volte ospite del duca Giovanni De Riseis e della sua consorte Maria Antonietta d'Alife Gaetani d'Aragona, a Crecchio, negli anni 1926, 1928 e nel 1932 con Maria Josè. Dall'inverno del 1943 all'estate del 1944, Crecchio, trovandosi sulla linea Gustav, subì le devastazioni dei bombardamenti: la Chiesa di San Rocco all'ingresso del paese fu rasa al suolo (e mai più ricostruita), il castello e la Torre dell'Ulivo gravemente danneggiati, la facciata settecentesca della chiesa di San Salvatore semidistrutta così come molte abitazioni.

Resti della villa romana in località Vassarella; il complesso è stato rinvenuto nel 1973 a seguito di lavori per l'impianto di una vigna. Fra il 1988 ed il 1991, una campagna di scavi eseguita in collaborazione fra Archeoclub di Crecchio e Soprintendenza archeologica dell'Abruzzo ha permesso di riconoscere i resti di una grande villa rustica, riferibile alla tarda età repubblicana. I ruderi delle strutture murarie delimitavano un porticato lungo almeno 75 metri, con vari ambienti collocati lungo il corridoio definito dal porticato stesso. All'interno dei vani superstiti sono stati rinvenuti numerosi dolii ed una grande cisterna in calcestruzzo, quasi completamente piena d'acqua e melma. Lo svuotamento della cisterna ha consentito di individuare vari reperti (in particolare frammenti lignei e vasellame) che testimoniano i contatti con aree quali l'Africa, l'Egitto, la Palestina, la Siria e l'Asia Minore. Nel VI secolo l'impianto veniva probabilmente impiegato dai Bizantini per l'approvvigionamento del vicino porto di Ortona. A tale periodo è infatti ascrivibile l'interro archeologico della cisterna, utilizzata come un vero e proprio "mondezzaio".

Nel Castello Ducale è presente il Museo dell'Abruzzo Bizantino ed Altomedievale, dove sono conservati antichi reperti di epoca bizantina e romana.  it.wikipedia.org

Together As One
Rap – Spider 

martedì 18 marzo 2025

𝗘̀ 𝗺𝗼𝗿𝘁𝗮 𝗡𝗶𝘁𝗮, 𝗹’𝗼𝗿𝘀𝗮 𝗱𝗲𝗹𝗹𝗮 𝗟𝗶𝘁𝘂𝗮𝗻𝗶𝗮 𝗼𝘀𝗽𝗶𝘁𝗮𝘁𝗮 𝗻𝗲𝗹𝗹𝗼 𝘇𝗼𝗼 𝗱𝗲𝗹 𝗖𝗲𝗻𝘁𝗿𝗼 𝗩𝗶𝘀𝗶𝘁𝗲 𝗱𝗲𝗹 𝗣𝗮𝗿𝗰𝗼 𝗮 𝗣𝗲𝘀𝗰𝗮𝘀𝘀𝗲𝗿𝗼𝗹𝗶.

Il 23 gennaio 2025 si è spenta Nita, l’orsa arrivata insieme a Greta e Brumo dalla Lituania, il 29 giugno 2020. Greta, che del gruppo era la più anziana, ci aveva lasciato nel 2022, e ad oggi, dunque, Brumo rimane l’unico orso ospitato presso il Centro Natura di Pescasseroli.

Per comunicarlo abbiamo voluto attendere il referto dell'Istituto Zooprofilattico Sperimentale dell'Abruzzo e del Molise che ha fatto tutti gli accertamenti del caso per definire il quadro clinico che ha portato alla morte dell’orsa. Il referto è arrivato pochi giorni fa e ci racconta di un quadro clinico compromesso a livello sistemico dato anche dalla età, con pleurite siero-fibrinosa, cuore con marcata ipertrofia ventricolare sinistra, epatite e di conseguenza una grave insufficienza epatica. Nei giorni precedenti alla morte, infatti, si era riscontrata una sintomatologia caratterizzata da profonda apatia e scarsi movimenti che oggi, alla luce di quanto rilevato dagli accertamenti fatti, risulta essere molto più chiara.

Quella di questi tre orsi bruni europei provenienti dall’Europa dell’Est, è una storia fatta di sofferenze e cattività. Una storia che l’Associazione Salviamo gli Orsi della Luna, in collaborazione con il Parco e la Fondazione Capellino, ha provato a cambiare in meglio, offrendo ai tre animali una vita, seppur in un’area faunistica, più dignitosa e serena. I tre orsi, infatti, hanno trascorso questi ultimi 5 anni in un’area recintata dotata di vasca, alberi e spazi in cui rifugiarsi se non volevano farsi vedere dagli avventori. Ambienti di certo limitati per un orso, ma decisamente migliori e più ampi delle strette gabbie di cemento e ferro, dove erano costretti a vivere sin dalla loro nascita e dove per loro non era possibile neanche camminare.

Le notizie a nostra disposizione sulla loro storia sono poche e frammentate, nonostante le numerose indagini degli Ispettori del Ministero Lituano, e in parte derivanti dalle persone che le detenevano: di sicuro sappiamo che questi animali hanno vissuto sempre in cattività, che con molta probabilità venivano sfruttati per attività circensi e che, nei momenti in cui non “lavoravano”, venivano mantenuti in delle gabbie molto strette ed anguste.

Nita ha vissuto a Pescasseroli per quasi 5 anni, interagendo pienamente con gli altri Orsi nello spazio a loro dedicato. Era stata subito sterilizzata, insieme agli altri due, come richiesto dal Ministero dell'Ambiente, e nell’area del Centro Visite si era addirittura scavata una sua tana in un piccolo angolo in fondo al recinto, poi adattata dagli addetti, per ovvie ragioni di sicurezza.

Non era un orso bruno marsicano, ma era comunque un orso e averla avuta con noi e poterla osservare insieme agli altri, nei tanti piccoli comportamenti quotidiani è stato molto interessante ed emozionante. Hanno permesso a noi e ai tanti ospiti del Centro Visite, di ammirare quanto gli orsi ci somigliano e comprendere che, forse, è proprio per questo che risultano così affascinanti ai nostri occhi.  Parco Nazionale d'Abruzzo Lazio e Molise

Nita ci mancherai!

@Salviamogliorsidellaluna

lunedì 17 marzo 2025

Poggio Sannita - Isernia | Antico Frantoio Iacovone

In alto Molise, nel paese di Poggio Sannita in provincia di Isernia, vi è un tesoro nascosto che forse nemmeno i molisani conoscono.

Parliamo dell’Antico Frantoio Iacovone situato all’interno dello storico Palazzo omonimo ove ricevette i natali il Prof. Cosmo Maria de Horatiis nel 1771, padre della Medicina Omeopatica italiana e medico di camera personale del re Francesco I di Borbone.

Si tratta di un frantoio oleario ipogeo ricavato nella roccia del paese scavata a mano dai maestri cavamonti e la sua costruzione risale tra l’XI ed il XIII secolo.

E’ composto da una molazza in pietra granitica di circa 120 cm. e del peso di 17 quintali posta in verticale e poggiante su un invaso in pietra reclinante al centro sorretta da un telaio in legno di quercia ancorato alla muratura che, ai tempi, veniva movimentata da un asino bendato che, camminando in senso antiorario, consentiva la frantumazione delle olive.

Adiacente al grande vano giace la pressa in legno o torchio che, per effetto della pressione data dalla vite, consentiva la fuoriuscita del liquido.

Vicino alla pietra molare vi sono la stalla e la mangiatoia dell’asino e qui vengono conservati anche la sella, il capestro ed alcune fasce sottopancia. Sono altresì presenti strumenti ed attrezzature originali occorrenti alla produzione.

Il Palazzo Iacovone, che al suo interno ha anche una preziosa biblioteca dove sono conservati oltre 2000 volumi databili dal ‘700, rientra nel circuito delle Dimore Storiche Italiane ed è visitabile con prenotazione tramite WhatsApp al 334.2253485 (ticket di ingresso € 10,00). Guida d’eccezione il proprietario Avv. Domenico Iacovone al quale dobbiamo la ristrutturazione e la conservazione di questo meraviglioso sito di grande valenza storica e culturale

Fonte e Ph: Antico Frantoio Iacovone - Una terra chiamata Molise -  Antico Frantoio Iacovone

mercoledì 12 marzo 2025

Capitale italiana della Cultura 2027 - Pordenone (Friuli Venezia Giulia)

"Il dossier propone un modello di valorizzazione culturale innovativo e inclusivo, capace di coniugare tradizione e contemporaneità. L’approccio strategico mira a rafforzare l’identità del territorio attraverso progetti che intrecciano patrimonio storico, arti visive, cinema e partecipazione attiva della comunità. Particolarmente apprezzata è la capacità di attivare un processo di coinvolgimento diffuso che reinterpreta il legame tra memoria, territorio e creatività.
☑️ Il progetto si distingue per la volontà di rendere la cultura un motore di sviluppo sostenibile, con un programma articolato lungo l’intero anno, capace di attrarre un pubblico ampio e diversificato. La strategia di investimento è solida e coerente con gli obiettivi, con un impatto atteso significativo sul tessuto socio-economico. ☑️ Apprezzata, inoltre, l’integrazione tra istituzioni culturali, sistema museale, universitario e realtà associative, che garantisce una rete solida e partecipativa. La particolare attenzione rivolta ai giovani, non solo come fruitori ma come protagonisti del processo creativo, conferma la visione dinamica e inclusiva del progetto".
Capitali della Cultura
Al Ministero della Cultura ha raccontato così il progetto di candidatura:
“Savona, città in trasformazione, sceglie la cultura per creare “nuove rotte”, un laboratorio di idee e innovazione dove produrre nuove visioni urbane. 40 Comuni, 9 città del Nord Ovest, 9 italiane, 9 del Mediterraneo, per esplorare le sfide contemporanee e tracciare il futuro della nostra società”
Al Ministero della Cultura ha raccontato così il progetto di candidatura:
“Sant'Andrea di Conza Capitale Italiana della Cultura 2027 è la creazione di un circuito culturale stabile e innovativo nel cuore dell'Alta Irpinia. Il progetto Incontro Tempo unisce 25 Comuni e altre 70 realtà: un mosaico di storia, arti e natura, un'esperienza unica tra enogastronomia e tradizioni”. #santandreadiconza 
Con il dossier dal titolo “Cuore del Mediterraneo", REGGIO CALABRIA è una delle dieci finaliste di Capitale Italiana della Cultura 2027.
Al Ministero della Cultura ha raccontato così il progetto di candidatura:
“Reggio Calabria, crocevia di culture differenti e complementari, si candida puntando sulla propria autenticità e sul ruolo di baricentro del Mediterraneo; da sempre luogo di incontro e di accoglienza, la città promuove la cultura della solidarietà, dell'inclusione e del dialogo pacifico tra i popoli". - Città di Reggio Calabria 
Con il dossier dal titolo “Pordenone 2027. Città che sorprende”, PORDENONE è una delle dieci finaliste di Capitale Italiana della Cultura 2027.
Al Ministero della Cultura ha raccontato così il progetto di candidatura:
“Dietro lo sguardo operoso di città industriale, Pordenone sorprende. Sotto la superficie nasconde uno spirito ribelle fatto di arte, musica e libri, con cui si candida a diventare capitale della cultura, a rivelarsi ed esplorare una nuova idea di città, più bella, sostenibile e inclusiva”
Con il dossier dal titolo “Pompei Continuum”, POMPEI è una delle dieci finaliste di Capitale Italiana della Cultura 2027.
Al Ministero della Cultura ha raccontato così il progetto di candidatura:
“Pompei Continuum risveglia l'arte e la cultura di Pompei, promuove la partecipazione attiva dei cittadini per una crescita sostenibile. Puntiamo alla rigenerazione urbana e turistica, inclusiva e solidale, con il sostegno di Parco Archeologico di Pompei, Pontificio Santuario di Pompei e UNESCO”.
Con il dossier dal titolo “Una cultura come il mare”, LA SPEZIA è una delle dieci finaliste di Capitale Italiana della Cultura 2027.
Al Ministero della Cultura ha raccontato così il progetto di candidatura:
“Una cultura come il mare. LaSpezia2027 intende promuovere con la cultura un nuovo modo di vivere il rapporto tra l'uomo e il mare. Con creatività e sensibilità artistica, la città vuole proporre soluzioni per affrontare le sfide del presente e costruire un futuro sostenibile”
Con il dossier dal titolo “La bella tra terra e mare”, GALLIPOLI è una delle dieci finaliste di Capitale Italiana della Cultura 2027.
Al Ministero della Cultura ha raccontato così il progetto di candidatura:
“Gallipoli è nel mare, è del mare, un’isola e una terraferma, un crogiuolo uterino di bellezza, nel cuore del Mediterraneo. Una città che vuole continuare a lavorare nel solco dell’inclusione sociale e della conversione green, detonando il suo patrimonio biblio museale unico, i teatri, biodiversità”.
Con il dossier dal titolo “Navigare il futuro”, BRINDISI è una delle dieci finaliste di Capitale Italiana della Cultura 2027. -  Comune di Brindisi
Al Ministero della Cultura ha raccontato così il progetto di candidatura:
“Brindisi si candida a Capitale italiana della Cultura 2027 puntando sulla conoscenza come motore di rigenerazione urbana ed economica. Attraverso le transizioni digitali, energetiche ed ecologiche, mira a creare un investimento potente sulla cultura del territorio”.
Con il dossier dal titolo “Terra dell’altrove" ALIANO è una delle dieci finaliste di Capitale Italiana della Cultura 2027. Comune di Aliano MT
Al Ministero della Cultura ha raccontato così il progetto di candidatura:
“La candidatura di Aliano 2027 si inserisce in un percorso tracciato da anni di lavoro sul territorio e per il territorio, con l’ambizione di compiere un ulteriore passo in avanti verso un modello di sviluppo a base culturale duraturo nel tempo e generare positivi effetti su scala regionale”.
Con il dossier dal titolo “Pietramadre”, ALBEROBELLO è una delle dieci finaliste di Capitale Italiana della Cultura 2027. - Alberobello 2027: Pietramadre - Candidata a Capitale italiana della Cultura.
Al Ministero della Cultura ha raccontato così il progetto:
“Alberobello 2027, un patrimonio di bellezza fondato sulla pietra. Una terra che testimonia al mondo la sua energia centripeta, attrattiva, oggi libera la sua energia centrifuga identitaria. Le architetture relazionali diventano motore di nuovo sviluppo, modello di nuovo turismo, seme di nuova vita”.
Sono 20 le città italiane ad aver inviato la manifestazione d’interesse per concorrere al titolo di Capitale italiana della Cultura, edizione 2027.
I Comuni che hanno risposto al bando entro la scadenza dei termini del 3 luglio sono:
  1. Acerra (provincia di Napoli, Campania); 
  2. Aiello Calabro (provincia di Cosenza, Calabria); 
  3. Alberobello (provincia di Bari, Puglia); 
  4. Aliano (provincia di Matera, Basilicata);  - Aliano presenta a Potenza la candidatura a Capitale Italiana della Cultura 2027
  5. Brindisi (Puglia); 
  6. Caiazzo (provincia di Caserta, Campania); 
  7. Fiesole (provincia di Firenze, Toscana); 
  8. Gallipoli (provincia di Lecce, Puglia); 
  9. La Spezia (Liguria); 
  10. Loreto Aprutino (provincia di Pescara, Abruzzo); 
  11. Massa (provincia di Massa-Carrara, Toscana); 
  12. Mazzarino (provincia di Caltanissetta, Sicilia); 
  13. Morano Calabro (provincia di Cosenza, Calabria); 
  14. Pompei (provincia di Napoli, Campania); 
  15. Pordenone (Friuli Venezia Giulia); 
  16. Reggio Calabria (Calabria); 
  17. Santa Maria Capua Vetere (provincia di Caserta, Campania); 
  18. Sant’Andrea di Conza (provincia di Avellino, Campania); 
  19. Savona (Liguria); 
  20. Taverna (provincia di Catanzaro, Calabria).
Le candidature saranno valutate da una Giuria, che selezionerà tra queste le dieci città finaliste, entro il 12 dicembre 2024. A seguito di audizioni pubbliche, che si svolgeranno entro il 12 marzo 2025, la procedura di valutazione si concluderà entro il 28 marzo 2025 con la proclamazione della Capitale italiana della cultura 2027.
La città vincitrice, grazie anche al contributo statale di un milione di euro, potrà realizzare le attività progettate nel dossier e rilanciare il proprio territorio attraverso la cultura.
L’ultima città ad essere insignita del titolo è stata L’Aquila per il 2026. La Capitale italiana della Cultura in carica è Pesaro, a cui seguirà il prossimo anno Agrigento.

Il passo Furcia è un valico alpino delle Dolomiti

Il passo Furcia è un valico alpino delle Dolomiti posto a 1.789 m s.l.m., fra il comprensorio sciistico di Plan de Corones e il Piz da Pere...