domenica 28 luglio 2019

#CARTOLINEconVistasulMondo, Maratea

Maratea è un comune italiano di 5.052 abitanti della provincia di Potenza, unico centro della Basilicata ad affacciarsi sul Mar Tirreno, attraverso il golfo di Policastro.
È una delle principali mete turistiche della regione, tanto da essere soprannominata "la Perla del Tirreno" per i suoi pittoreschi paesaggi e il patrimonio artistico e storico. È anche detta "la città delle 44 chiese" per le numerose chiese, cappelle e monasteri, costruite in epoche e stili diversi, alcune delle quali rappresentano episodi notevoli della storia artistica e religiosa della regione.
Il 10 dicembre 1990 il presidente della Repubblica Francesco Cossiga ha insignito il comune con il titolo onorifico di "Città", titolo di cui comunque Maratea già si vantava in base a un decreto del 1531 firmato da Carlo V d'Asburgo. Il 10 agosto 2015 il comune di Maratea ha formalizzato la propria candidatura per entrare a far parte della lista dei patrimoni dell’Umanità UNESCO[2
Maratea è l'unico sbocco della Basilicata sul Tirreno e si incunea con i suoi trenta chilometri di costa nel Golfo di Policastro, tra la Campania e la Calabria. 
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Ha un territorio vasto e per lo più montuoso che si presenta sempre vario e diverso, ora a picco, ora piano sul mare, costituendo così un paesaggio dolcemente selvaggio che ha reso giustamente famosa la costa di incantevole e rara bellezza. Maratea non è costituito da un unico aggregato urbano ma da una molteplicità di nuclei presenti su quasi tutto il territorio, particolarmente sulla costa, dove sono ubicate le frazioni di Acquafredda, Cersuta, Fiumicello, Porto, Marina e Castrocucco. 
Più all'interno ad oriente del Monte San Biagio sono le frazioni montane di Massa, Brefaro e Santa Caterina, mentre ad occidente dello stesso monte i nuclei di Curzo e Campo. Sul lato sud della vallata proprio alle pendici del Monte San Biagio, detto anche Castello, è situato, a 310 metri s.l.m., il Centro Storico di Maratea
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IL CRISTO
Relazione dello scultore BRUNO INNOCENTI
sulla statua del Redentore
Maratea 1965
La statua del Redentore in Maratea vuole significare la rinascita, la speranza nuova indicataci dal Cristo Risorto. Il punto d'incontro delle nostre aspirazioni migliori e lui, divinamente ritornante, spaziante nei cieli e in cammino, sempre, verso di noi.
Il Redentore, con il largo gesto al cielo e con lo sguardo fisso ai fedeli, presenti nell'ignoto momento della loro esistenza, è legato al Padre Celeste nella benedizione che sta per essere impartita, mentre ancora una volta poggia il piede su questa terra che fu spettatrice della sua crocifissione. Ma in virtù della sua infinita capacità di perdono,niente traspare della tragedia vissuta. Ora è serenità, speran­za, perdono luminoso e confortante a venirci incontro: un Gesù giovane, senza tempo, mondo da ogni effimera apparenza terrena. Divinamente nuovo come il simbolo incarnato della seconda parte della Santissima Trinità, l’Umano e il Divino non più contaminati dall’uomo.
Propostomi idealmente questo concetto, ho sentito il bisogno che l’opera nascente in un clima di sintesi, semplice ed espressiva, e che non vi fossero compiacenze a dettagli formali intesi a richiamare alla mente immagini di culto convenzionali. Ho inteso di attenermi a un linguaggio chiaro e il più possibile contenuto ed essenziale, perché, nelle dimensioni della statua, ritengo sarebbero stati controproducenti atteggiamenti e dettagli che avessero richiamato una realtà spicciola, contingente, minutamente reale. La statua sorgerà candida sulla cima del Monte S. Biagio, imponente, ma discreta; non un urlo dal mare verso le valli, ma un pacato richiamo ad accogliere e a raccogliere,a rinfrancare la speranza. Il candore della materia che la comporrà potrà richiamare alla mente le note di bianco su cui martella il mare nelle molteplici insenature dei golfi vicini, dove i bianchi ghiaioni contrastano fortemente con il colore incomparabile di questo mare e con il verde lussureggiante delle pendici digradanti. E le linee di forza della statua mi sono state evocate dalle possenti torri costiere qui disseminate come fari.
Il 21 maggio del 1676 circa 160 banditi terrorizzarono Maratea. Dopo  una cruenta battaglia ci fu la fuga dei banditi e dal conoscere, che in un conflitto si lagrimevole, niuno de’ paesani, era stato ferito; stimarono non dimostrarsi ingrati verso il loro Santo Protettore, a di cui onoro, con sinodale conclusione restò stabilito di farsi in ogni anno, ed in perpetuo nel dì ventuno del mese di Maggio, una processione, da tutti, niun’eccettuato.
Nel 1781 restò stabilito che:
Nel primo Sabbato di Maggio, si fosse portata processionalmente per la Città superiore, e quindi si fosse tenuta esposta sino a tutto il Mercoledi seguente. Nel Giovedi si fosse calata in Maratea inferiore, in dove si fosse portata in processione nel Sabbato appresso: e nella mattina della Seconda Domenica di Maggio, si fosse di nuovo salita in Maratea superiore, in dove sempre restar doveva. Con tal metodo la Festa della Traslazione di Maggio, per otto giorni si apriva, e si chiudeva in detta Maratea Superiore.
Insiemamente restò di Sovrano Comando definito ed ordinato, ad evitarsi ulteriori dissenzioni, che nel calare, e salire la Statua da Maratea superiore, in Maratea inferiore, e viceversa: fosse rimasta abolita ogni ombra di processione: si fosse portata velata, ed accompagnata da un Sacerdote, senza nemmeno poter essere vestito di cotta; ed avesse preceduto un obligo del Sindaco, della restituzione, dopo un stabilito breve periodo di giorni.
Rev. D. Carmine Iannini - Di S.Biase e di Maratea - Discorso Istorico 1835
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Etimologia storica della voce "MARATEA" e sua fondazione fenicia
A parte tutte le altre interpretazioni, non prive di un qualche fondamento, come la “Thea Maris” (Dea del Mare)  o la “Moira Theia” (Destino Divino) e tralasciando le indagini su qualche altro raro paese omonimo o quasi esistito in Grecia, come Maratona, la opinione più accreditata, attendibile e certa è quella della fondazione fenicia. Infatti i Fenici, avendo dimorato nel secolo VIII a.C. nell'isola greca di Corfù (Corcyra), la lasciarono per l'arrivo dei coloni greci di Corinto nel 755 a.C.  Partiti dalla vicina isoletta di Marate, navigarono dal Mar Ionio al Mar Tirreno ed approdarono nelle nostre coste 
I Fenici, originari della terra a nord-ovest della Palestina, nel Medio Oriente, grandi navigatori e conquistatori del Mare Mediterraneo, ricordati spesso nella S. Scrittura, dovevano avere buone referen­ze, se Gesù Cristo ne fece le lodi a distanza, grazie alle loro sante disposizioni di spirito, contrariamente a quelle dei duri Israeliti  Questi primi nostri antenati trasmisero alle successive generazioni buone qualità secondo l'adagio: “Tal padre, tal figlio”. Passarono i secoli e le varie generazioni, miste a quelle indigene degli Italici e degli immigrati Greci e Romani, si diffusero a largo raggio nel retroterra del Golfo di Policastro dando origine ai primi nuclei abitati di Lauria, Rivello, Trecchina, Aieta e Tortora 
Il Curzio era uno studioso. Peccato che nella sua conferenza pubblicata in un opuscolo non ri­portava note esplicative, ma accennava a memorie antiche riportate da autori greci classici come Ero­doto e Pausania. In Erodoto il termine greco è “Marathos”, città fenicia presso la isola di Arado, secon­do Plutarco e Quinto Curzio. Da una prima colonia detta di Maratei Maratei Marateni passarono a fondare la nostra Maratea, sul Monte Minerva  http://www.calderano.it/Testi/Cataldo.htm
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Semmai oltre l'orizzonte abitasse il nulla ...
Cosa persuade il mio avanzare?
Simona Salvatore
#ascoltando
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