giovedì 14 marzo 2024

#itinerari - Mucciafora, frazione del Comune di Poggiodomo, in provincia di Perugia.

Mucciafora è una frazione del Comune di Poggiodomo, in provincia di Perugia. Situata a 1.070 m s.l.m. ed abitata da 28 residenti, è il borgo a quota più elevata tra quelli sui monti della Valnerina.

Posta sull'antico tracciato della mulattiera che collegava Poggiodomo con la Valnerina passando per Vallo di Nera e l'Altopiano di Mucciafora (1.300 m s.l.m.), è base di partenza per le escursioni sul Monte Coscerno (1.685 m s.l.m.).

La frazione vive in una particolare condizione di isolamento, non essendo presenti in loco strutture amministrative né commerciali, e non essendo servita da alcuna linea di trasporti pubblici. È tuttavia celebrata ogni domenica la messa nella chiesa al centro del borgo, partecipata dai pochi anziani ancora residenti in loco.

Le montagne circostanti sono coperte da boschi di conifere da rimboschimento.

Nel corso dell'estate il borgo si popola dei villeggianti proprietari delle case, emigrati in massa negli anni sessanta.

Il borgo ha vissuto un processo di ristrutturazione diffuso delle abitazioni precedentemente danneggiate dai terremoti umbri. In particolare i proprietari delle case, generalmente costruite nei secoli scorsi, hanno eliminato gli intonaci aggiunti alle murature nel corso del secolo XX, riportando alla luce le vecchie pietre vive provenienti dalle zone circostanti, che hanno caratteristiche colorazioni variabili tra il bianco e il rosato.

Un esempio di abitazione con facciata riportata a pietra, e consolidamento antisismico con tiranti in acciaio.

È possibile ritrovare ammassi di queste pietre ai bordi dei terreni circostanti, ancora oggi coltivati, ammassati nei secoli a mano dai contadini per ottenere terreno coltivabile.

La frazione è servita da un acquedotto comunale che capta l'acqua presso il fontanile "Le Trocche", a quota 1400 m s.l.m.; l'acqua è nota per essere estremamente leggera in sali minerali. In estate, quando la sorgente riduce la portata emessa e il borgo si popola alquanto di villeggianti, viene integrata dall'acqua proveniente dalla zona "Fosso del Tamburrino", posta a quota più bassa di Mucciafora.

L'intero territorio nei dintorni di Mucciafora è ricchissimo di tartufo, per il quale la raccolta è rigidamente riservata. È altresì consentita la caccia (nei periodi di legge) e la raccolta dei funghi di superficie. Nel periodo estivo alcune zone boschive offrono varie specie di frutti di bosco, tra i quali more, lamponi, fragoline di bosco, porsaraghi umbri ecc.

La prima zona, che comprende alcuni settori denominati l'Ospedale, l'Osteria e la Ferrara.

La seconda zona, ubicata nelle parti più basse poste a Nord e Nord-Est del colle su cui si sviluppa l'intera frazione, e che comprende anche la parte abbandonata e decadente che un tempo era costituita soprattutto da stalle ed ovili; questa zona ospita la maggior parte della storia antica nonché degli edifici pubblici della frazione, come la ex-scuola che si affaccia sulla piccola Piazza dei Combattenti, al centro della quale un esadecaedro regolare sul pavimento testimonia la passata presenza dell'antico pozzo; un sonetto di Gabriele D'Annunzio è affisso sul muro di quella che in passato era una piccola scuola, e sul fondo della piazza è posto un piccolo monumento ai caduti della II guerra mondiale. Attigua alla piazza vi sono la chiesa di San Bartolomeo (XV-XVII sec.) e la piccola chiesa sconsacrata dedicata a Santa Giuliana. Molti edifici vengono ancora chiamati col patronimico delle famiglie che li eressero anticamente e talvolta riportano segni nascosti della storia passata, come Palazzo Leopardi (in precedenza denominato Palazzo Massari), oggi appartenente ad alcuni dei discendenti degli antichi proprietari; tra i due mattoni disposti a V a formare la chiave dell'arco del portone che dà accesso ai locali inferiori del Palazzo, vi è ancora qualche traccia di una M che indicava la casata Massari.

«Lorenzo, è cotta l'uva di Mucciafora

corcata a solatio nel suolo arsiccio

o pendula per l'agile viticcio

della canna che ai venti più non plora.

Te la colgan le dita dell'aurora

e te la porgan folta sul graticcio

ove si muta il grappolo nericcio

in porpora di re che il vin colora.»

(Gabriele D'Annunzio, sonetto dedicato all'amico Lorenzo Flamini.)

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